guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

martedì 3 dicembre 2013

Uno stato tiranno che dissangua il suo popolo e gozzoviglia alle nostre spalle




Giovanni di Salisbury (1110-1180) teorizzò la liceità del rovesciamento del tiranno quando questi empiamente tradisCe la stessa origine della propria autorità.

Qualsiasi sia l'origine dell'autorità, il "tiranno" dunque si può abbattere, ovviamente con la violenza.
Sta al giudizio dei singoli determinare se esiste un "tiranno"

ed assumersi la responsabilità (politica e non solo) di denunciarlo e di agire contro di lui.

 C'è da dire che di fronte all'incapacità manifesta del metodo democratico di sciogliere i nodi di questo Paese, preso atto di un clima di reciproca delegittimazione delle forze politiche e di una profonda serie di fratture interne al nostro tessuto sociale, era in qualche modo prevedibile si facesse strada, razionalmente, l'idea che da un'estenuante e inconcludente guerra civile fredda, tanto valesse escalare a una guerra civile calda: prosecuzione dell'intercorso politico auspicabilmente breve, intensa e, soprattutto, risolutiva.

VIA!


Stremati dalle tasse, perseguitati dalla loro riscossione, vessati da un sistema bancario che stringe fino a strozzarci, soffocati dalla burocrazia dalla strafottenza di uno stato che non paga i suoi debiti, ma che pretende di incassare i suoi.
I servizi si depauperano giorno per giorno, devi pagare tutto e devi pagarlo prima. Un sistema giudiziario ideologico punitivo e inefficiente. Il lavoro c’è, ma nessuno te lo paga.

Tutti dicono che dobbiamo cambiare, che stiamo cambiando e che cambieremo, ma anno dopo anno si cambia in peggio. Io sono sempre stato un inguaribile ottimista, ma tentenno davanti a cose che non succedono e a cambiamenti che a ogni svolta ti buttano più giù.

Le idee, i progetti restano impigliati nella rabbia dei denti sempre più stretti. La creatività diventa entropia asfittica sotto onde anomale che sono sempre meno metafore: il paese annega e anche questa non è solo una metafora.
E allora perché non accettare le offerte dell’Austria o della Svizzera dove servizi tasse e burocrazia non ti assalgono quotidianamente in un corpo a corpo estenuante? Me lo domando ormai ogni giorno e temo la risposta.

FONTE:

domenica 1 dicembre 2013

CONQUISTARE LA SIRIA!

 dal FOGLIO di  29/11/2013, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo
 "Il Mossad dice: ora potremmo marciare su Damasco in un giorno".

Daniele Raineri


Roma. Martedì il gabinetto di sicurezza israeliano è andato in una sede del Mossad per ascoltare il rapporto annuale sulla sicurezza di Israele in medio oriente, scrive il quotidiano Yedioth Ahronoth. Il gabinetto di sicurezza è un Consiglio dei ministri ristretto a Difesa, Sicurezza interna, Finanze e Giustizia, con qualche aggiunta facoltativa. Secondo il rapporto del Mossad che è stato presentato al comitato, la posizione di Israele è migliorata perché molti stati arabi che sono suoi nemici tradizionali o potenziali in questo momento sono alle prese con sconvolgimenti interni. La Siria è stata costretta a cedere il suo arsenale di armi chimiche, oltre a essere indebolita da una guerra civile violenta.

Secondo gli analisti dei servizi segreti, se prima l’esercito israeliano avrebbe avuto bisogno di una settimana per arrivare fino alla capitale Damasco in caso di guerra, ora potrebbe arrivare a Damasco in meno di un giorno. Pure il Libano soffre della stessa situazione, in misura molto minore. L’Egitto è impegnato anch’esso con la situazione interna e sebbene i generali stiano esercitando il massimo del potere l’esercito del Cairo non investe e non si evolve.
I servizi segreti hanno spiegato ai ministri israeliani che il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, sta guadagnando legittimità dai negoziati e dalle relazioni diplomatiche con Gerusalemme, ma non è affatto certo che firmerà un accordo con Israele.


Su Gaza hanno detto che c’è parecchio malcontento tra la popolazione della Striscia, ma che Hamas governa con pugno di ferro e non si farà cacciare. L’Egitto ora è durissimo con Hamas Il Mossad sottolinea che grazie al caos in Siria ci sono gruppi terroristici che stanno diventando più forti e come anche Hezbollah in Libano stia diventando più forte, ma buoil nemico più pericoloso per Israele è sempre l’Iran per il suo programma nucleare. Il rapporto del Mossad conferma quel che da tempo si va osservando in medio oriente. Se prima c’era preoccupazione per le ribellioni che tra la fine del 2010 e il 2011 hanno sconvolto il mondo arabo – perché si temeva che l’esito finale delle primavere arabe fosse un grande califfato islamista, semplificando – ora si vive in un’età di mezzo, in cui ogni avvenimento va seguito senza più il lusso delle interpretazioni troppo generiche o delle previsioni a lungo termine. Senza Mubarak, si diceva, l’Egitto cadrà subito sotto il controllo dei Fratelli musulmani.

 E’ sembrato vero per un anno, ma poi sono arrivati i generali.
Dal punto di vista di Israele, la situazione è migliorata. Il governo del Cairo non si era mai mostrato così duro con i vicini di Hamas: oggi distrugge i tunnel di contrabbando allagandoli con acqua di fogna e fa persino sorvolare la Striscia dai suoi droni, “per scegliere possibili bersagli in caso di guerra” – che è un comportamento di routine per quanto riguarda gli israeliani, non per un paese arabo che soltanto fino a luglio era governato dalla Fratellanza. Il Cairo ha pure perso una parte degli aiuti militari americani, che formano la frazione più avanzata e sofisticata del suo equipaggiamento. Il caso della Siria è ancora più eloquente: non si sa cosa succederà in futuro, ma per ora l’esercito di Bashar el Assad è impegnato a sopravvivere nella lotta quotidiana contro una guerriglia eterogenea che include i gruppi più pericolosi dell’islam militante internazionale. In questo scenario dagli orizzonti molto stretti, i decenni passati dai generali siriani ad addestrare ed equipaggiare le Forze armate per l’eventualità di una guerra contro Israele non contano più. Le preoccupazioni maggiori riguardavano l’arsenale chimico: un esercito anche allo stremo è pur sempre capace di piazzare un colpo estremamente duro se dispone di armi di distruzione di massa.
Inoltre, se Assad avesse perso il controllo delle basi, le armi chimiche sarebbero passate nelle mani della guerriglia sunnita che potrebbe rivelarsi non meno pericolosa. Ora però è in corso lo smantellamento dell’arsenale chimico (se funziona). 


L’impressione da lontano è che la Siria sia diventata un enorme caso-studio per i servizi segreti israeliani. Si sa che osservano i lanci di missili balistici – tipo gli Scud – contro le città controllate dai ribelli, perché si è trasformata in un’occasione unica per vedere come funziona l’apparato militare siriano (mentre è impegnato ad attaccare la sua stessa popolazione). Si sospetta che siano coinvolti in alcuni casi di lotta contro gli iraniani in campo terzo, come sarebbe accaduto nell’uccisione vicino Aleppo del generale al Shateri, inviato delle forze speciali dei Guardiani della rivoluzione Si sa per certo, infine, che tengono d’occhio tutto il traffico di armi tra l’esterno – russi, soprattutto – il governo siriano e il gruppo libanese Hezbollah. Da febbraio in poi ci sono stati almeno sei raid per bombardare armi sofisticate – missili – prima che fossero spostate in Libano.


Un discorso analogo vale per il problema Libano, che va inteso come “Hezbollah”.
Il gruppo ha scelto di gettarsi nella mischia siriana e per questo è sottoposto a una torsione brutale sia dal punto di vista materiale – centinaia di perdite – sia dal punto di vista ideologico: è difficile dire di essere la “muqawama”, la resistenza, intesa contro Israele, e invece andare al di là del confine a combattere contro altri arabi. Se non rispolverando il motivo settario – noi sciiti contro loro sunniti – che non promette nulla di buono per il Libano, costruito sopra un volenteroso equilibrio fra fedi e tradizioni diverse.
“Meglio i sunniti che gli sciiti” A settembre Reuters ha pubblicato un’intervista informata con il generale israeliano Yair Golan, che comanda il settore nord della Difesa, quindi quello che si occupa anche della frontiera con la Siria (ormai senza più la preoccupazione immediata delle armi chimiche). Anche Golan sostiene che non c’è da preoccuparsi delle forze terrestri di Assad, messe troppo a dura prova dal conflitto interno, e con Reuters ha aggiunto un parere interessante: per lui sarebbe preferibile una vittoria dei gruppi ribelli sunniti della guerriglia anti Assad che una permanenza al potere dell’attuale apparato (vale a dire gli assadisti appoggiati dall’Iran e aiutati dagli hezbollah). I ribelli sunniti includono anche gruppi dichiaratamente nemici di Israele, ma sono comunque più arretrati dell’asse tra alawiti e sciiti, che è un’alleanza tra stati ed eserciti.

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FONTE:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=51530

sabato 30 novembre 2013

PINOCHET FU UNA FORTUNA PER IL PAESE

Il sistema scolastico cileno dei "Los Chicago boys" funziona
E primeggia in tutto il Sud America
Parlare del sistema educativo cileno vuol dire scontrarsi con la controversa esperienza della dittatura imposta dal generale Pinochet in quel Paese. E affrontare le politiche dei regimi autoritari significa entrare in un terreno minato in cui è facile suscitare la riprovazione dei benpensanti.

Ad ogni modo, da un punto di vista liberale diventa difficile mettere in cattiva luce alcune riforme volute da Pinochet durante il suo "regno". Perché, ad esempio, la riforma del sistema previdenziale adottata in Cile è un esempio di come dovrebbero essere gestite le pensioni senza ricorrere alla mano pubblica e lasciando libertà di scelta ai cittadini. "Los Chicago boys" (così erano definiti quegli economisti cileni che misero mano ad una serie di riforme liberiste negli anni di Pinochet), tra i quali figurava anche José  Piñera (l'autore della riforma pensionistica appena richiamata) hanno cambiato la struttura economica del Paese, che dal pericolo di una socializzazione forzata è passato a effettive misure che hanno privatizzato diversi settori economici e non del Cile.
Anche il settore educativo cileno ha visto l'applicazione di un punto di vista liberista, proprio agli sgoccioli della permanenza di Pinochet come "deus ex machina" del Paese. Infatti, la legge che in questi ultimi anni ha suscitato numerose polemiche e che dovrebbe essere sostituita in tempi brevi è datata 10 marzo 1990, un giorno prima cioè che il generale cedesse parte dei suoi poteri per rimanere unicamente a capo dell'esercito.

Tale legge è la Legge Organica Costituzionale d'Insegnamento (Ley Orgánica Constitucional de Enseñanza, LOCE), una tra le norme più importanti che regolano l'istruzione in Cile, insieme agli specifici articoli della Costituzione e ad altri provvedimenti legislativi.
Come detto, la LOCE non affronta tutte le questioni legate all'istruzione cilena, ma intorno al dibattito nato in questi anni per sostituirla si è arrivati a mettere in discussione tutto un sistema educativo. E allora, dalle singole parti contestate contenute nella legge la discussione è passata ben presto al ruolo che lo Stato e i privati debbano avere per ciò che attiene l'istruzione.

Ridotta ai minimi termini, la LOCE stabilisce solamente i requisiti minimi che devono essere rispettati a livello educativo, le norme che permettono allo Stato di vigilare intorno alla applicazione di questi standard minimi e i requisiti per il riconoscimento ufficiale degli istituti scolastici. Ma la rivoluzione dei pinguini del 2006 (così è stata chiamata la protesta degli studenti) oltre a reclamare a gran voce la soppressione della LOCE ha portato avanti una serie di rivendicazioni per una riformulazione del sistema educativo cileno, in senso maggiormente egualitario e per un più ampio intervento dello Stato. Inoltre, sono state avanzate proposte per la "demunicipalizzazione" del sistema e per rendere impossibile il perseguimento del profitto, oltre alla richiesta di un maggior apporto fiscale dello Stato, e a misure più mirate come il trasporto pubblico gratuito per gli studenti.
In Cile esistono tre tipi di scuole: pubbliche (amministrate dai governi locali), private (di fondazioni, ordini religiosi, ecc), e "sovvenzionate" (ovvero scuole statali ma amministrate da privati). L'introduzione del decentramento e dell'autonomia, ha permesso una certa libertà degli istituti sia per quanto riguarda i programmi didattici che per gli aspetti amministrativi ed economici.

Nel 2007 è stata avanzata una proposta di legge (la Legge Generale sull'Educazione - Ley General de Educación, LGE) per sostituire la LOCE. Voluta dalla presidente Bachelet, la legge è andata incontro alle esigenze degli studenti ma non quanto per loro avrebbe dovuto, perché dopo la presentazione del progetto di legge le proteste sono riprese e hanno segnato anche questi ultimi mesi della vita politica e sociale del Cile. La LGE cerca di mantenere un equilibro tra la libertà educativa e il diritto di accesso all'istruzione di tutti i cittadini. Il punto più importante riguarda proprio la possibilità degli studenti di accedere senza discriminazioni all'istruzione scolastica pur mantenendo in piedi la libertà di aprire e di organizzare in autonomia le singole scuole.

Questo infatti è ciò che caratterizza maggiormente il sistema cileno: l'importante presenza dei privati nella proprietà e nella gestione degli istituti scolastici. Ciò che viene modificato dalla LGE è il ruolo "regolatorio" dello Stato, che interverrebbe maggiormente per definire le modalità di accesso, gli standard qualitativi e i criteri minimi per il riconoscimento di nuove scuole. La LOCE, infatti, pone un numero di limiti, ad una qualsiasi persona che intenda fondare una scuola, inferiore rispetto alla proposta contenuta nella LGE. Quest'ultima riduce poi il numero di soggetti che possono far nascere nuovi istituti, vietando la finalità del lucro per chi volesse intraprendere questa strada. Ma non viene intaccata la concorrenza fra istituti pubblici e privati.

Sta di fatto che il sistema educativo cileno risulta essere, da un punto di vista statistico, uno dei migliori del Sudamerica. Il metodo di valutazione PISA del 2006 ha infatti certificato come gli studenti del Cile abbiano conseguito i risultati migliori nel test di scienze, nella prova di lettura e il secondo posto nella prova di matematica tra tutti i Paesi sudamericani. A livello universitario, secondo una classifica stilata dal Times, due università hanno fatto registrare un discreto piazzamento: la Pontificia Università Cattolica del Cile e l'Università del Cile sono infatti fra le migliori del Sudamerica.

Inoltre va rilevato come il sistema educativo cileno sia sostanzialmente universale. L'istruzione "basica" coinvolge il 99,7 per cento dei bambini tra i 6 e i 14 anni, mentre quella "secondaria" vede la partecipazione dell'87,7 per cento degli adolescenti tra i 15 e i 18 anni. Tutto sommato dati non da buttare per un sistema che si dice essere iniquo e profondamente sbagliato.

da Con - Conservatori contemporanei
- See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=7662#sthash.fNVtGWrt.dpuf

mercoledì 20 novembre 2013

RICETTE PLUS

L'Italia ha un enorme vantaggio competitivo in termini di sviluppo e crescita: LA VALORIZZAZIONE  DEL FATTORE "Q" ( il patrimonio "Qlturale e artistico).
Esso può essere una leva efficace per sviluppare 
nuovi posti di lavoro, reputation e Immagine.

CAPRE AL COMANDO!

Il fallimento del Welfare modello Camusso e Fassina


Nell'Europa della crisi vincono quasi tutte le forze politiche che puntano ad allegerire uno Stato sociale fatto di troppe tasse e spesa pubblica, per rilanciare un modello più liberale e meno opprimente per i cittadini.  
Una lezione che il Pd non ha capito. 

Sui risultati post-elettorali stiamo assistendo in questi giorni ai commenti più disparati e ne avremo per molti mesi a venire.
Inutile, dunque, soffermarsi su tematiche quale "rischio ingovernabilità, accordo Pd-Pdl, Grillo contro Bersani". Tutti i media ne parlano già abbastanza.
C'è invece un aspetto che noi di Libero Mercato, orfani di una forza politica credibile, vorremmo sottolineare e che è rimasta un pò a lato rispetto alla scena politica principale: il fallimento elettorale di un modello di sinistra ormai desueto
Il Partito Democratico ha sicuramente sofferto di una mancanza di leadership del suo segretario, e chissà quale sarebbe stato il risultato se alle primarie fosse emerso un profilo più moderno e combattivo come quello di Matteo Renzi
A pesare sull'esito negativo delle urne è stata inoltre la visione di politica economica del Pd, troppo schiacciata sulle idee del responsabile Stefano Fassina ed appiattita sulle posizioni "conservatrici" della Cgil di Susanna Camusso, consacrata all'alleanza con la sinistra di Nichi Vendola.
In Europa quasi tutte le elezioni tenutesi all'indomani della crisi, ad eccezione della Francia,  hanno visto soccombere le piattaforme programmatiche basate su un welfare di stampo novecentesco, un mix depressivo di tasse, spesa pubblica e statalismo, con pochi riferimenti agli indispensabili tagli dei costi alla pubblica amministrazione
Bersani avrebbe dovuto guardare ai risultati elettorali in Irlanda, Spagna, Portogallo e Grecia prima di presentarsi con una compagine di post-socialisti, in un paese già martoriato da una pressione fiscale al 45,3%.
La difesa del tradizionale modello di Stato Sociale europeo in contesti di mercati sempre più globali, prevede costi eccessivi e non può durare ancora a lungo senza l'avvento di profonde e radicali riforme.
Anche la Svezia, esempio classico di socialdemocrazia ben organizzata, ha rinnovato il mandato ad un premier "conservatore" impegnato però su un programma di riduzione fiscale e tagli del welfare e spesa pubblica. 
Stesso discorso in Gran Bretagna per il promotore della "Big Society" David Cameroon
Mantenere un sistema attuale, con un basso grado di innovazione e crescita, ha bisogno di una fiscalità robusta per essere finanziato e francamente è un modello che non incontra molto successo al di fuori dell'Europa
Negli ultimi anni sempre più cittadini sembrano preferire i vantaggi di una pressione fiscale meno opprimente piuttosto che i servizi offerti da un livello costante di spesa pubblica, senza considerare che troppo spesso a tasse elevate non corrisponde purtroppo un'assistenza di qualità adeguata.
Una lezione che potrebbe servire per svecchiare il Pd, non solo anagraficamente, ma soprattutto sul fronte delle idee e delle proposte sul campo economico.
Non significa certo trasformare un partito di (centro) sinistra in una destra ultra-liberista, ma riformulare le offerte politiche per venire incontro ad una società che ha poca dimestichezza con il concetto di "lavoro dipendente", "contratto nazionale" e contributi pensionistici.
C'è invece un'intera generazione di giovani tenuti fuori dal mercato del lavoro e di piccoli imprenditori a partita Iva che aspettano che qualcuno si occupi seriamente dei loro problemi, favorendo lo sviluppo e l'insediamento sul territorio, l'avvio di nuove attività autonome attraverso un piano di de-fiscalizzazione, incentivi alle start-up, crediti d'imposta e agevolazioni per il finanziamento bancario.
Una fetta di popolo e di elettori, spesso moderati e lontani dall'immagine dei forconi di piazza, che Bersani ha voluto ignorare, consegnandoli alle braccia di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, ai quali si sono affidati per disperazione

FONTE:http://www.liberomercato.net/

mandiamo i fautori del burqa a giocare nei campi minati

" Burqa, una prigione per la donna "commento di Astrit Sukni
"Scusi signore, mia moglie dice che l'ha guardata"
"Mi scusi, pensavo che fosse la mia "
"Mia moglie non è che per i miei occhi....che cane, pensava che fossi sua moglie !"
"Omar, sono qui".



Burqa. Un cosiddetto abito femminile che copre testa, viso e occhi. Permette di vedere solo tramite una finestrella - chiamiamola pure grata, come quella delle cella di un carcere - che comunque lascia malamente vedere solo gli occhi . Un indumento violento che ingabbia il corpo femminile. Le donne afghane sono costrette a indossarlo sin dagli anni '70, perché così vuole la volontà di Allah ma anche quella degli uomini religiosamente fanatici, che costringono le donne a furia di frustate a 'obbedire'. Una religione retrograda le costringe a coprirsi anche se sul Corano nessuna sura lo prescrive. In Occidente sono arrivati milioni di arabi e musulmani in cerca di libertà e di democrazia. Sono fuggiti dalla miseria, ma hanno portato con sé il fanatismo religioso del fondamentalismo islamico. Nei loro paesi vige la dittatura fondamentalista islamica, ogni forma di laicità viene bandita. Portano le loro donne in Europa e le costringono a vestirsi come nei loro paesi d'origine perché qui la libertà di culto è garantita. In Italia la garantisce la costituzione, art 19 che recita: "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume." In nome della libertà di culto e di propaganda i musulmani costringono le donne a coprirsi del tutto e le tengono segregate dalla società. Le usano solo a fini riproduttivi. L'Imam di Segrate Ali Abu Shwaima dice che nessuna donna musulmana è costretta a coprirsi. Ma se il marito dice che deve coprirsi lei lo deve fare senza alcuna esitazione, pena il castigo sotto forma di violenza corporea. In Italia è vietato presentarsi in pubblico col il volto coperto, secondo la legge 152 del 1975, una legge non rispettata da quelle donne musulmane che escono per strada con il capo coperto, ma che non viene fatta rispettare nemmeno dalle istituzioni. Il burqa serve anche a coprire i segni di violenza che alcune donne musulmane sono costrette a subire per mano di mariti, fratelli e padri. Portare il burqa dovrebbe essere vietato come in Francia. In Italia invece non è così, lo dimostra la richiesta folle del pm milanese che ha chiesto un mese di carcere e una multa di 100 euro per Daniela Santanchè, che si era recata davanti a un luogo dove veniva festeggiato il fine Ramadan, e dove molte donne indossavano il burqa. In Italia diventa sempre più un problema manifestare il proprio pensiero contro l'Islam o l'islamismo in generale. Si viene tacciati di razzismo e islamofobia solo perché uno è in disaccordo con 'leggi' islamiche o/e con certe usanze medioevali che tuttora sono in vigore nei paesi islamici ma che purtroppo stanno prendendo piede anche in Occidente. In alcuni paesi come Inghilterra e Belgio sono già realtà. Gli imam fai-da-te sono pronti a puntare il dito dandoti dell'infedele e a ricordandoti che nessuna critica può essere mossa al Corano da un non musulmano. Allora che senso ha parlare di violenza sulle donne quando in Italia non siamo in grado di garantire la libertà delle donne oppresse da un indumento che le umilia e le imprigiona ?
P.S. Apprendiamo dalle agenzie che l'imam di Segrate ha lanciato una fatwa contro Daniela Santanché.
Scontro di civiltà? Noooooo 


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