guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

sabato 20 agosto 2011

La primavera Araba è ROSSO SANGUEbreo

La primavera araba è arrivata con un mare di sangue in Israele. Ehud Barak, il ministro della difesa israeliano, senza esitazioni ha gettato tutta la responsabilità su Hamas e ha subito bombardato un obiettivo specifico, forse una casamatta, di Rafiah: Hamas, ha detto, ha scelto la strada del Sinai, ma tutta la preparazione si è svolta, come quella di mille altri attentati, dentro la Striscia. Hamas naturalmente ha detto che non c’entra, ma uno dei leader Ahmad Yussuf  ha detto che Hamas approva.

Se si guarda la carta geografica si capisce al volo che cosa abbia inteso Barak: Hamas ha aggirato l’ostacolo del confine con Israele utilizzando la strada egiziana apertasi di bel nuovo con la rivoluzione, sia che l’Egitto abbia responsabilità di incuria o peggio, sia che il suo terreno sia stato solo la strada prescelta subdolamente per colpire Israele con un attentato plurimo, complicato, fatto apposto per dimostrare la determinazione e l’accanimento nell’ uccidere la gente di Israele, un soldato e sei civili, come sempre, sia con i  missili che con una cintura esplosiva ritrovata sul corpo di uno dei morti.

Hamas ha avuto in questi mesi un bel regalo dall’Egitto del dopo Mubarak: fra le demagogiche dichiarazioni soddisfatte del nuovo gruppo dirigente egiziano dai toni panarabisti-islamisti, negli scorsi mesi il suo confine volto verso l’Egitto è diventato labile e elastico, le cellule variamente armate di missili o di esplosivo che preparano attentati anti israeliani non solo possono godere di libero accesso nel Sinai per poi insinuarsi da oltre confine nel Negev, ma possono anche con molta facilità coltivare i loro rapporti e i piani comuni, favoriti dalle solite tribù beduine prezzolate, con le cellule di gruppi salafiti e di al Qaeda, una vecchia amicizia molto fruttifera. A Hamas non piace tanto ricordarla, dal momento che gli aliena simpatie internazionali cui invece il gruppo terrorista che domina Hamas tiene, ma è dal 2000 che Ariel Sharon denunciò il rapporto, concretizzatosi in passaggi da e per l’Afghanistan, in piani comuni, in armi e training in Libano nei campi palestinesi, in attentati come quelli del pakistano inglese che fece saltare nel 2003 per aria il bar di Tel Aviv “Mike Place”.

Israele negli anni, fiducioso nel rapporto di pace con l’Egitto, ha disinvestito dal confine col Sinai spostando le truppe verso il nord e sul confine di Gaza. Ma adesso si capisce che è stato un errore: dalla rivoluzione di piazza Tahrir i segnali sono stati tutti pessimi, e i tre attentati al gasdotto fra Israele e l’Egitto, le dichiarazioni infiammatorie dei politici più svariati, che prevedono una revisione del trattato di pace, la paurosa presenza ad Al Arish e persino a Sharm el Sheich della Fratellanza Musulmana, che lambisce sempre più minacciosa il potere, le grandi aperture verso Hamas che invece Mubarak non poteva soffrire... sono tutte minacce aperte e un invito al rafforzamento della fazione palestinese che fa del terrorismo e della promessa di morte a tutti gli ebrei (scritta nella sua Carta) il programma costitutivo. C’è chi dice che, ingrata, Hamas avrebbe travestito da soldati egiziani tre dei sette terroristi uccisi per portare il trattato di pace a una crisi definitiva.

Questo attacco è una grande prova dimostrativa della follia della richiesta all’ONU della leadership palestinese di riconoscere unilateralmente a settembre uno Stato Palestinese, senza trattative, ancora in mezzo a un mare di terrorismo, all’indomani dall’accordo fallimentare fra Fatah e Hamas, mentre Fatah si spezza in fazioni e Hamas si dimostra il solito macellaio. Può mai essere uno Stato quello che disegnano oggi i palestinesi? Quali palestinesi? Forse Abu Mazen intende uno Stato di Fatah, e non dei palestinesi? Come intende incamerare Hamas in un disegno pacifico? Il pallido Abu Mazen tratterrà il sanguinario Hamas, o prevede senza colpo ferire, come sembra, che, durante le sue cerimonie all’ONU, i capi di Hamas, manderanno ancora e ancora fuori i loro terroristi?
www.fiammanirenstein.com

GUERRA! Channel