guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

venerdì 13 dicembre 2013

Gli unici che protestano sono mossi da un coglione..

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 13/12/2013, a pag.13, l'intervista di Vera Schiavazzi ad Andrea Zunino dal titolo "I politici italiani? Tutti uguali, blocchi e presidi a oltranza finché non cadrà il governo".

Andrea Zunino
Nel corso dell'intervista, Andrea Zunino,  leader del Movimento 9 dicembre, espone le sue teorie circa il futuro migliore per l'Italia e le motivazioni che l'hanno spinto a scendere in piazza paralizzando città, costringendo negozi a chiudere, occupando stazioni ferroviarie e causando disagi alla maggioranza dei cittadini che non hanno aderito alla protesta.
Ecco alcune delle sue dichiarazioni più significative :
"Vogliamo le dimissioni del governo. Vogliamo la sovranità dell’Italia, oggi schiava dei banchieri, come i Rotschild: è curioso che 5 o 6 tra i più ricchi del mondo siano ebrei, ma è una cosa che devo approfondire"
" il premier ungherese Viktor Orbàn: «Lui sì che sta liberando davvero il suo Paese».".
"Non ho le prove (che il nazismo sia nato dalla convinzione che fossero gli ebrei a controllare la finanza mondiale, teoria esposta dallo stesso Zunino nel corso dell'intervista, ndr)Ma penso che Hitler, che probabilmente era pazzo, si sia vendicato con l’antisemitismo del voltafaccia dei suoi iniziali finanziatori americani. Personalmente non mi interessa »."
"A me vanno bene tutti gli italiani, i cittadini che scendono in piazza"
"Mi sono convertito all’Islam per poter praticare il sufismo. E così sono diventato un maestro del respiro consapevole ".


eraclix: Serve un colpo di stato militare a tempo per cambiare regole e fare fondamentali riforme come il Chile di PINOCHET

venerdì 6 dicembre 2013

Meglio lo spazzino spagnolo del tranviere genovese

Perché conviene lo spazzino spagnolo invece del tranviere genovese
Dove termina la somiglianza tra il caso iberico e quello italiano
Madrid non è Genova. Entrambe le città sono state messe in ginocchio dal blocco di un importante servizio pubblico. Ma la dinamica è stata molto diversa, e ha condotto a esiti opposti. Le somiglianze: i netturbini spagnoli hanno scioperato per 11 giorni ininterrotti, contro un piano di licenziamenti che ne avrebbe coinvolto circa 1.100 su 7.000, tagliando lo stipendio agli altri. La rivolta si è conclusa con un accordo tra i sindacati e l'amministrazione comunale. Come nel capoluogo ligure con gli autisti del trasporto pubblico locale, a prima vista.

Le somiglianze, però, finiscono qui. Intanto, è differente il contesto: il servizio di raccolta dei rifiuti, a Madrid, è affidato a una pluralità di imprese private, i trasporti genovesi sono un monopolio pubblico. Inoltre, gli operatori madrileni avevano risposto ai tagli ai trasferimenti non solo riducendo il servizio ma anche con una sorta di spending review interna, in virtù della quale l'organico era stato tagliato di 350 unità lo scorso agosto. Poi, la vertenza ha seguito strade del tutto dissimili: il primo cittadino della Lanterna, Marco Doria, ha ceduto alle prepotenze dei sindacati. La sua controparte spagnola, Ana Botella, ha retto e, seppur tardivamente, ha mandato dei dipendenti comunali a pulire le strade inondate dai rifiuti. Ha fatto capire che avrebbe disinnescato il ricatto, insomma. Da ultimo, l'accordo spagnolo impone rinunce a entrambi i fronti: i licenziamenti non ci saranno, ma i salari sono congelati o ridotti fino al 2017. Alcune centinaia di lavoratori dovranno restare a casa "provvisoriamente" e senza stipendio, pur non perdendo formalmente il posto.

Ancora più significativa è la differenza nell'organizzazione dei servizi pubblici locali. In Spagna, da diversi anni vengono prodotti da operatori privati, che nel caso dei rifiuti hanno una quota prossima all'80 per cento sia nella raccolta sia nello smaltimento. I comuni che hanno scommesso sulla raccolta differenziata si sono trovati costretti (e poi soddisfatti) a rivolgersi ai privati. Secondo la Reason Foundation, le privatizzazioni hanno permesso risparmi nell'ordine del 20-40 per cento. Questo è vero soprattutto per i processi di esternalizzazione più recenti, i quali si sono svolti in modo più attento agli aspetti competitivi delle gare e con forme di affidamento più trasparenti.

Dai fatti di Genova, invece, viene tutt'altra lezione. I politici italiani si sono sdraiati ai piedi dei sindacati. Questi ultimi non chiedevano la revisione di punti specifici in un concreto piano di ristrutturazione, ma pretendevano garanzie contro la semplice e teorica possibilità di azionisti privati in posizione di minoranza. Lo sciopero si è chiuso per ko: ci saranno più finanziamenti da comune e regione, e nessun sacrificio da parte dei lavoratori. L'amministrazione locale ha assistito impotente all'invasione del Consiglio comunale e il sindaco stesso è stato spintonato; il governo non ha alzato la sua voce neppure di fronte agli evidenti problemi di ordine pubblico e interruzione di pubblico servizio. L'azienda ha rinunciato a qualunque sanzione interna. Il messaggio che ne emerge descrive due paesi incommensurabili: uno con un futuro, l'altro senza speranze. In Spagna, i sindacati sono forti ma non spadroneggiano: per avere x, devono rinunciare a y. In Italia, il contrario: per questo il significato politico dei fatti di Genova trascende l'oggetto delle trattative. Non è un caso che ora stiano per aprire le ostilità pure i lavoratori delle municipalizzate genovesi Amiu e Aster (rifiuti e manutenzione stradale, rispettivamente), della romana Atac (trasporti), e chissà quanti altri. Lo stesso (blando) piano di privatizzazioni del governo dovrà fare i conti con le ovvie resistenze sindacali (primo campanello d'allarme: Fincantieri). Il sonno della politica genera mostri.

Da Il Foglio, 28 novembre 2013
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giovedì 5 dicembre 2013

TAGLIARE GLI SPRECHI SI DEVE


Apparato legislativo, esecutivo, diplomatico, fiscale e finanziario
Gran parte dei cosiddetti 'costi della politica' si trovano in questa voce, che include le spese dell'apparato legislativo ed esecutivo (anche degli enti locali), delle reti diplomatiche, e delle strutture fiscali e finanziarie dello Stato e degli enti locali. La spesa totale è pari al 2,5%, molto maggiore che in altri paesi paragonabili, ed è aumentata molto negli ultimi 15 anni, soprattutto a livello di Amministrazione centrale.
La seguente tabella mostra il valore in percentuale di PIL di questa voce di spesa nei maggiori paesi europei nel 2011, con l'eccezione della Spagna per cui le voci COFOG di secondo livello non sono ancora disponibili.
VoceGermaniaSpagna (2010)FranciaItaliaUK
C01011,61,71,32,51,3

L'Italia spende circa un punto di PIL (circa 16 miliardi) in più degli altri paesi. Per avere un termine di paragone, ciò significa che una riorganizzazione dell'apparato legislativo, esecutivo, diplomatico, finanziario e/o fiscale dello Stato secondo gli standard dei maggiori paesi europei sarebbe sufficiente a cancellare due terzi dell'IRAP, il cui gettito al netto delle partite di giro è di poco meno di 25 miliardi [3].
Molti degli apparati politici italiani hanno costi fuori linea con quello degli altri paesi: la Camera, il Senato, il Quirinale, la Corte Costituzionale. Nonostante ciò, soltanto una frazione di questa voce di spesa può essere spiegata con i bilanci di queste istituzioni: sui costi del Parlamento i risparmi 'comparativi' possibili sono circa 700 milioni, sul Quirinale circa 100 [4], sulla Corte Costituzionale circa 25, pensioni escluse [5].
La ragione dell'entità di questa spesa non è neanche della rete diplomatica, dato che il Ministero degli Affari Esteri ha un bilancio inferiore a quello di paesi paragonabili all'Italia, come la Francia e la Gran Bretagna.
Probabilmente  la differenza è nelle funzioni fiscali e finanziarie, che includono le quattro (ora tre) Agenzie Fiscali, il Ministero dell'Economia e della Finanza, e altre istituzioni. La seguente figura mostra l'aumento di questa spesa a partire dal 2000, distinguendo l'amministrazione centrale da quelle locali. L'aumento rispetto agli anni '90 è stato principalmente dovuto all'amministrazione centrale, quindi non è legato al cosiddetto 'federalismo'. Potrebbe essere la Riforma Bassanini del 1999, che ha introdotto le Agenzie Fiscali. Non si è trovata evidenza di questa tesi, ma le quattro Agenzie, Entrate, Territorio, Dogane e Demanio, entrarono in funzione nel 2001.
Le recenti notizie sui costi della Camera, nonostante le promesse dell'attuale Presidente, non lasciano ben sperare sul contenimento di questa spesa in futuro [6].
Monsurrò grafico 1

mercoledì 4 dicembre 2013

altro che sciopero di GENOVA!

Il vero bene comune non sono i servizi pubblici ma la loro efficace efficienza.

Capito sindacati difensori dei lavoratori nullafacenti o politico-clienti?!.

Il lavoro è un diritto per chi se lo merita, per gli altri non può essere un costo sulla gente in nome del buonismo tout court.



I gran FIGLI DI HAMAS preparavano un massacro..

Israel Security Agency has reported that a Hamas cell from Ramallah planned a terror attack that was to take place in Jerusalem over the Rosh Hashanah/Yom Kippur holidays in September. The attack was thwarted by a Givati Brigade soldiers. The Hamas cell had also been producing rockets.
A joint effort between the Israel Police, Border Police, IDF and the ISA resulted in the arrest last month of several members of Hamas’ military infrastructure. The terrorists were from the Jerusalem and Ramallah branches of Hamas’ military wing. They were apprehended during advanced stages of planning a bomb attack in Jerusalem, which they intended to carry out during the Rosh Hashanah/Yom Kippur Holidays.
Hamas explosive device
Hamas explosive device
The leader of the group was Hamdi Hasneen Hamdi Romana, born in 1991, whose father, Hasneen Romana, was one of the leaders of Hamas’ military wing in Ramallah.
Hamas explosives laboratory revealed
During the investigation, the ISA uncovered a weapons laboratory at the home of Romana, with chemicals used to make explosives, and educational materials with instructions on explosives production. The ISA said that during their search they were in contact with a laboratory worker and two residents of Ramallah who provided him with chemicals in order to produce explosives. The three were detained for questioning and pleaded guilty to the charges.
Hamas explosives laboratory revealed. Photo: ISA Spokesperson
The investigation also found that the terrorist cell had been planning other attacks, including: An attempt to harm IDF soldiers in Ramallah through a booby-trapped house; intention to produce rockets and launch them at Israeli communities near Ramallah; and an attempt to procure guns to fire at IDF soldiers at the Himza checkpoint in North-East Jerusalem.
The ISA emphasized that the newly-exposed terrorist cell demonstrates the high motivation of terrorists in the West Bank, lead by Hamas, to carry out attacks in Israel.

Increase in terrorism

Members of the terrorist cell were arrested by soldiers of the Givati ​​Brigade. “The infrastructure was very extensive and it took about two weeks to catch all of the members”, said the Tzabar battalion commander, Lt. Col. Liran Hajbi. “We carried out the raid of the house of the head of the cell in the heart of Ramallah and arrested two members, and through them we found the other members. The material we found there was advanced.”
During the raid, residents of the neighborhood rioted in order to prevent the arrest. “We faced resistance even within the house,” said Lt. Col. Hajbi. “But the soldiers came prepared, and ready. We arrived with a reserve force and an extraction force, and we entered under maximum security. We isolated the operating space, and prevented public disturbances. The extraction had to be done swiftly.”
The Tzabar Battalion began operating in the Ramallah area in recent months. According to Lt. Col. Hajbi, last month saw a significant increase in terrorism in the area. “Arrests and raids were carried out every night to reduce the chance of terrorist attacks,” he added. “About a week and a half ago we carried out a similar raid. The battalion’s spirits are high and we will continue to work hard during the upcoming nights.”

PER LIBERARE SPAZIO NELLE CARCERI LIBERIAMOCI DEGLI INGOMBRI


Indulto, amnistia??!..Noi siamo per una soluzione migliore per liberare spazio. 
Colpo alla nuca agli ergastolani o ai condannati per crimini gravi, pallottola a carico delle rispettive famiglie di appartenenza (una cosa i comunisti ce l'hanno pur buona) così come incenerimento dei cadaveri per non occupare suolo dei cimiteri vendibile.

I CINESI IN ITALIA NON DOVREBBERO POTER APRIRE NEMMENO UN CHIOSCO DI PIADINE

martedì 3 dicembre 2013

Uno stato tiranno che dissangua il suo popolo e gozzoviglia alle nostre spalle




Giovanni di Salisbury (1110-1180) teorizzò la liceità del rovesciamento del tiranno quando questi empiamente tradisCe la stessa origine della propria autorità.

Qualsiasi sia l'origine dell'autorità, il "tiranno" dunque si può abbattere, ovviamente con la violenza.
Sta al giudizio dei singoli determinare se esiste un "tiranno"

ed assumersi la responsabilità (politica e non solo) di denunciarlo e di agire contro di lui.

 C'è da dire che di fronte all'incapacità manifesta del metodo democratico di sciogliere i nodi di questo Paese, preso atto di un clima di reciproca delegittimazione delle forze politiche e di una profonda serie di fratture interne al nostro tessuto sociale, era in qualche modo prevedibile si facesse strada, razionalmente, l'idea che da un'estenuante e inconcludente guerra civile fredda, tanto valesse escalare a una guerra civile calda: prosecuzione dell'intercorso politico auspicabilmente breve, intensa e, soprattutto, risolutiva.

VIA!


Stremati dalle tasse, perseguitati dalla loro riscossione, vessati da un sistema bancario che stringe fino a strozzarci, soffocati dalla burocrazia dalla strafottenza di uno stato che non paga i suoi debiti, ma che pretende di incassare i suoi.
I servizi si depauperano giorno per giorno, devi pagare tutto e devi pagarlo prima. Un sistema giudiziario ideologico punitivo e inefficiente. Il lavoro c’è, ma nessuno te lo paga.

Tutti dicono che dobbiamo cambiare, che stiamo cambiando e che cambieremo, ma anno dopo anno si cambia in peggio. Io sono sempre stato un inguaribile ottimista, ma tentenno davanti a cose che non succedono e a cambiamenti che a ogni svolta ti buttano più giù.

Le idee, i progetti restano impigliati nella rabbia dei denti sempre più stretti. La creatività diventa entropia asfittica sotto onde anomale che sono sempre meno metafore: il paese annega e anche questa non è solo una metafora.
E allora perché non accettare le offerte dell’Austria o della Svizzera dove servizi tasse e burocrazia non ti assalgono quotidianamente in un corpo a corpo estenuante? Me lo domando ormai ogni giorno e temo la risposta.

FONTE:

domenica 1 dicembre 2013

CONQUISTARE LA SIRIA!

 dal FOGLIO di  29/11/2013, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo
 "Il Mossad dice: ora potremmo marciare su Damasco in un giorno".

Daniele Raineri


Roma. Martedì il gabinetto di sicurezza israeliano è andato in una sede del Mossad per ascoltare il rapporto annuale sulla sicurezza di Israele in medio oriente, scrive il quotidiano Yedioth Ahronoth. Il gabinetto di sicurezza è un Consiglio dei ministri ristretto a Difesa, Sicurezza interna, Finanze e Giustizia, con qualche aggiunta facoltativa. Secondo il rapporto del Mossad che è stato presentato al comitato, la posizione di Israele è migliorata perché molti stati arabi che sono suoi nemici tradizionali o potenziali in questo momento sono alle prese con sconvolgimenti interni. La Siria è stata costretta a cedere il suo arsenale di armi chimiche, oltre a essere indebolita da una guerra civile violenta.

Secondo gli analisti dei servizi segreti, se prima l’esercito israeliano avrebbe avuto bisogno di una settimana per arrivare fino alla capitale Damasco in caso di guerra, ora potrebbe arrivare a Damasco in meno di un giorno. Pure il Libano soffre della stessa situazione, in misura molto minore. L’Egitto è impegnato anch’esso con la situazione interna e sebbene i generali stiano esercitando il massimo del potere l’esercito del Cairo non investe e non si evolve.
I servizi segreti hanno spiegato ai ministri israeliani che il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, sta guadagnando legittimità dai negoziati e dalle relazioni diplomatiche con Gerusalemme, ma non è affatto certo che firmerà un accordo con Israele.


Su Gaza hanno detto che c’è parecchio malcontento tra la popolazione della Striscia, ma che Hamas governa con pugno di ferro e non si farà cacciare. L’Egitto ora è durissimo con Hamas Il Mossad sottolinea che grazie al caos in Siria ci sono gruppi terroristici che stanno diventando più forti e come anche Hezbollah in Libano stia diventando più forte, ma buoil nemico più pericoloso per Israele è sempre l’Iran per il suo programma nucleare. Il rapporto del Mossad conferma quel che da tempo si va osservando in medio oriente. Se prima c’era preoccupazione per le ribellioni che tra la fine del 2010 e il 2011 hanno sconvolto il mondo arabo – perché si temeva che l’esito finale delle primavere arabe fosse un grande califfato islamista, semplificando – ora si vive in un’età di mezzo, in cui ogni avvenimento va seguito senza più il lusso delle interpretazioni troppo generiche o delle previsioni a lungo termine. Senza Mubarak, si diceva, l’Egitto cadrà subito sotto il controllo dei Fratelli musulmani.

 E’ sembrato vero per un anno, ma poi sono arrivati i generali.
Dal punto di vista di Israele, la situazione è migliorata. Il governo del Cairo non si era mai mostrato così duro con i vicini di Hamas: oggi distrugge i tunnel di contrabbando allagandoli con acqua di fogna e fa persino sorvolare la Striscia dai suoi droni, “per scegliere possibili bersagli in caso di guerra” – che è un comportamento di routine per quanto riguarda gli israeliani, non per un paese arabo che soltanto fino a luglio era governato dalla Fratellanza. Il Cairo ha pure perso una parte degli aiuti militari americani, che formano la frazione più avanzata e sofisticata del suo equipaggiamento. Il caso della Siria è ancora più eloquente: non si sa cosa succederà in futuro, ma per ora l’esercito di Bashar el Assad è impegnato a sopravvivere nella lotta quotidiana contro una guerriglia eterogenea che include i gruppi più pericolosi dell’islam militante internazionale. In questo scenario dagli orizzonti molto stretti, i decenni passati dai generali siriani ad addestrare ed equipaggiare le Forze armate per l’eventualità di una guerra contro Israele non contano più. Le preoccupazioni maggiori riguardavano l’arsenale chimico: un esercito anche allo stremo è pur sempre capace di piazzare un colpo estremamente duro se dispone di armi di distruzione di massa.
Inoltre, se Assad avesse perso il controllo delle basi, le armi chimiche sarebbero passate nelle mani della guerriglia sunnita che potrebbe rivelarsi non meno pericolosa. Ora però è in corso lo smantellamento dell’arsenale chimico (se funziona). 


L’impressione da lontano è che la Siria sia diventata un enorme caso-studio per i servizi segreti israeliani. Si sa che osservano i lanci di missili balistici – tipo gli Scud – contro le città controllate dai ribelli, perché si è trasformata in un’occasione unica per vedere come funziona l’apparato militare siriano (mentre è impegnato ad attaccare la sua stessa popolazione). Si sospetta che siano coinvolti in alcuni casi di lotta contro gli iraniani in campo terzo, come sarebbe accaduto nell’uccisione vicino Aleppo del generale al Shateri, inviato delle forze speciali dei Guardiani della rivoluzione Si sa per certo, infine, che tengono d’occhio tutto il traffico di armi tra l’esterno – russi, soprattutto – il governo siriano e il gruppo libanese Hezbollah. Da febbraio in poi ci sono stati almeno sei raid per bombardare armi sofisticate – missili – prima che fossero spostate in Libano.


Un discorso analogo vale per il problema Libano, che va inteso come “Hezbollah”.
Il gruppo ha scelto di gettarsi nella mischia siriana e per questo è sottoposto a una torsione brutale sia dal punto di vista materiale – centinaia di perdite – sia dal punto di vista ideologico: è difficile dire di essere la “muqawama”, la resistenza, intesa contro Israele, e invece andare al di là del confine a combattere contro altri arabi. Se non rispolverando il motivo settario – noi sciiti contro loro sunniti – che non promette nulla di buono per il Libano, costruito sopra un volenteroso equilibrio fra fedi e tradizioni diverse.
“Meglio i sunniti che gli sciiti” A settembre Reuters ha pubblicato un’intervista informata con il generale israeliano Yair Golan, che comanda il settore nord della Difesa, quindi quello che si occupa anche della frontiera con la Siria (ormai senza più la preoccupazione immediata delle armi chimiche). Anche Golan sostiene che non c’è da preoccuparsi delle forze terrestri di Assad, messe troppo a dura prova dal conflitto interno, e con Reuters ha aggiunto un parere interessante: per lui sarebbe preferibile una vittoria dei gruppi ribelli sunniti della guerriglia anti Assad che una permanenza al potere dell’attuale apparato (vale a dire gli assadisti appoggiati dall’Iran e aiutati dagli hezbollah). I ribelli sunniti includono anche gruppi dichiaratamente nemici di Israele, ma sono comunque più arretrati dell’asse tra alawiti e sciiti, che è un’alleanza tra stati ed eserciti.

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FONTE:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=51530

sabato 30 novembre 2013

PINOCHET FU UNA FORTUNA PER IL PAESE

Il sistema scolastico cileno dei "Los Chicago boys" funziona
E primeggia in tutto il Sud America
Parlare del sistema educativo cileno vuol dire scontrarsi con la controversa esperienza della dittatura imposta dal generale Pinochet in quel Paese. E affrontare le politiche dei regimi autoritari significa entrare in un terreno minato in cui è facile suscitare la riprovazione dei benpensanti.

Ad ogni modo, da un punto di vista liberale diventa difficile mettere in cattiva luce alcune riforme volute da Pinochet durante il suo "regno". Perché, ad esempio, la riforma del sistema previdenziale adottata in Cile è un esempio di come dovrebbero essere gestite le pensioni senza ricorrere alla mano pubblica e lasciando libertà di scelta ai cittadini. "Los Chicago boys" (così erano definiti quegli economisti cileni che misero mano ad una serie di riforme liberiste negli anni di Pinochet), tra i quali figurava anche José  Piñera (l'autore della riforma pensionistica appena richiamata) hanno cambiato la struttura economica del Paese, che dal pericolo di una socializzazione forzata è passato a effettive misure che hanno privatizzato diversi settori economici e non del Cile.
Anche il settore educativo cileno ha visto l'applicazione di un punto di vista liberista, proprio agli sgoccioli della permanenza di Pinochet come "deus ex machina" del Paese. Infatti, la legge che in questi ultimi anni ha suscitato numerose polemiche e che dovrebbe essere sostituita in tempi brevi è datata 10 marzo 1990, un giorno prima cioè che il generale cedesse parte dei suoi poteri per rimanere unicamente a capo dell'esercito.

Tale legge è la Legge Organica Costituzionale d'Insegnamento (Ley Orgánica Constitucional de Enseñanza, LOCE), una tra le norme più importanti che regolano l'istruzione in Cile, insieme agli specifici articoli della Costituzione e ad altri provvedimenti legislativi.
Come detto, la LOCE non affronta tutte le questioni legate all'istruzione cilena, ma intorno al dibattito nato in questi anni per sostituirla si è arrivati a mettere in discussione tutto un sistema educativo. E allora, dalle singole parti contestate contenute nella legge la discussione è passata ben presto al ruolo che lo Stato e i privati debbano avere per ciò che attiene l'istruzione.

Ridotta ai minimi termini, la LOCE stabilisce solamente i requisiti minimi che devono essere rispettati a livello educativo, le norme che permettono allo Stato di vigilare intorno alla applicazione di questi standard minimi e i requisiti per il riconoscimento ufficiale degli istituti scolastici. Ma la rivoluzione dei pinguini del 2006 (così è stata chiamata la protesta degli studenti) oltre a reclamare a gran voce la soppressione della LOCE ha portato avanti una serie di rivendicazioni per una riformulazione del sistema educativo cileno, in senso maggiormente egualitario e per un più ampio intervento dello Stato. Inoltre, sono state avanzate proposte per la "demunicipalizzazione" del sistema e per rendere impossibile il perseguimento del profitto, oltre alla richiesta di un maggior apporto fiscale dello Stato, e a misure più mirate come il trasporto pubblico gratuito per gli studenti.
In Cile esistono tre tipi di scuole: pubbliche (amministrate dai governi locali), private (di fondazioni, ordini religiosi, ecc), e "sovvenzionate" (ovvero scuole statali ma amministrate da privati). L'introduzione del decentramento e dell'autonomia, ha permesso una certa libertà degli istituti sia per quanto riguarda i programmi didattici che per gli aspetti amministrativi ed economici.

Nel 2007 è stata avanzata una proposta di legge (la Legge Generale sull'Educazione - Ley General de Educación, LGE) per sostituire la LOCE. Voluta dalla presidente Bachelet, la legge è andata incontro alle esigenze degli studenti ma non quanto per loro avrebbe dovuto, perché dopo la presentazione del progetto di legge le proteste sono riprese e hanno segnato anche questi ultimi mesi della vita politica e sociale del Cile. La LGE cerca di mantenere un equilibro tra la libertà educativa e il diritto di accesso all'istruzione di tutti i cittadini. Il punto più importante riguarda proprio la possibilità degli studenti di accedere senza discriminazioni all'istruzione scolastica pur mantenendo in piedi la libertà di aprire e di organizzare in autonomia le singole scuole.

Questo infatti è ciò che caratterizza maggiormente il sistema cileno: l'importante presenza dei privati nella proprietà e nella gestione degli istituti scolastici. Ciò che viene modificato dalla LGE è il ruolo "regolatorio" dello Stato, che interverrebbe maggiormente per definire le modalità di accesso, gli standard qualitativi e i criteri minimi per il riconoscimento di nuove scuole. La LOCE, infatti, pone un numero di limiti, ad una qualsiasi persona che intenda fondare una scuola, inferiore rispetto alla proposta contenuta nella LGE. Quest'ultima riduce poi il numero di soggetti che possono far nascere nuovi istituti, vietando la finalità del lucro per chi volesse intraprendere questa strada. Ma non viene intaccata la concorrenza fra istituti pubblici e privati.

Sta di fatto che il sistema educativo cileno risulta essere, da un punto di vista statistico, uno dei migliori del Sudamerica. Il metodo di valutazione PISA del 2006 ha infatti certificato come gli studenti del Cile abbiano conseguito i risultati migliori nel test di scienze, nella prova di lettura e il secondo posto nella prova di matematica tra tutti i Paesi sudamericani. A livello universitario, secondo una classifica stilata dal Times, due università hanno fatto registrare un discreto piazzamento: la Pontificia Università Cattolica del Cile e l'Università del Cile sono infatti fra le migliori del Sudamerica.

Inoltre va rilevato come il sistema educativo cileno sia sostanzialmente universale. L'istruzione "basica" coinvolge il 99,7 per cento dei bambini tra i 6 e i 14 anni, mentre quella "secondaria" vede la partecipazione dell'87,7 per cento degli adolescenti tra i 15 e i 18 anni. Tutto sommato dati non da buttare per un sistema che si dice essere iniquo e profondamente sbagliato.

da Con - Conservatori contemporanei
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