guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

mercoledì 29 febbraio 2012

 

La superiorità FEMMINILE...

LA FATICA NECESSARIA : Disciplina

Ares e Athena

La disciplina di Ares e quella degli uomini


Ares, dio della guerra, colleziona più sconfitte che vittorie. E invariabilmente perde contro Athena, dea della guerra.

Tra i due, lasciano intendere i miti, non c'è "partita": il primo infatti rappresenta le forze incontrollate della guerra, la seconda la guerra "disciplinata".

La forza bruta scatenata soccomberà sempre a quella che invece sa darsi un indirizzo ordinato e intelligente.

Sembrerà un paradosso, però gli uomini, nonostante siano animali "intelligenti", hanno sicuramente più simpatia verso l'indisciplina, e maggiore affinità naturale con Ares che con Athena: la violenza ha una sua sostanza ed immediatezza, che supera per comprensibilità quella del calcolo e del controllo.

La disciplina è faticosa e problematica: e spesso è confusa con l'obbedienza, meglio se cieca. In realtà questa è una verità molto parziale. Se è indubitabile, infatti, che il concetto di Disciplina sia strettamente connesso al problema del comando, sarebbe riduttivo limitarlo ad esso.

L'utilità della Disciplina ci appare intuitivamente in almeno due aspetti: innanzitutto, dato che la guerra è scontro di volontà, la Disciplina aiuta a sostenere queste volontà, mantenendole più a lungo in lizza tra loro; in secondo luogo, la Disciplina "automatizza" la trasmissione di un'essenziale componente di questa volontà, quella di origine gerarchica.

La Disciplina, quindi, entra tanto negli elementi statici della guerra, quanto in quelli dinamici, e in questo senso la guerra non potrebbe esistere senza Ddisciplina, proprio come non potrebbe scaturire senza un principio gerarchico di origine politica.

Che cosa sarebbe, infatti, un'ipotetica armata "indisciplinata"? nient'altro che forza senza controllo e azioni senza una traiettoria, molecole di gas casualmente a spasso per l'universo.

In sè, quindi, molto banalmente la Disciplina militare non è altro che una parte sostanziale dell'insieme di regole che definiscono un'organizzazione (militare), assieme alle persone che la compongono e gli scopi che esse si danno. E' quindi un altro aspetto della dipendenza della cultura militare dalla politica e dalla società che la esprimono.

Tuttavia, come ho anticipato, ciò rappresenta solo una parte del problema: dietro questa cortina fumogena ci sono ancora Ares e Athena che si confrontano, ma non in antitesi l'uno con l'altra, ma in modo dialettico, per sintetizzare un'idea della guerra.

E' l'impasto tra "Virtus" e "Disciplina", che deve trovare una sua calibratura e su questo le opinioni sono state diverse.

Per Omero, ad esempio, la Disciplina aveva più affinità con il coraggio e l'onore: qui sotto potete leggere come Aiace Telamonio, ad esempio, esortava i suoi alla Disciplina necessaria a difendere le navi achee dall'attacco di Ettore e dei troiani (dall'Iliade tradotta da Vincenzo Monti, versi da 15.649 a 15.655)
[...] Ma volto a' suoi
il gran Telamonìde, Amici, ei grida,
siate valenti, in cor v'entri la fiamma
della vergogna, e l'un dell'altro abbiate
tema e rispetto nella forte mischia.
De' prodi erubescenti i salvi sono
più che gli uccisi. Chi si volge in fuga,
corre all'infamia insieme ed alla morte.
Per Omero, dunque, la Disciplina è funzionale alla Virtus. La Virtus in sè, anzi, potrebbe fare a meno della Disciplina: al massimo essa aiuta a ritrovare la Virtus quando va perduta.

Di avviso opposto è Pirro, secondo il quale, invece, è la Disciplina a creare la Virtus, ne è condizione necessaria e sufficiente. Negli Stratagemmi di Frontino è riportata la raccomadazione che rivolgeva al suo reclutatore: "Sceglimeli grandi: io li farò forti", è sottinteso mediante la Disciplina.

Tucidide avrebbe sottoscritto entusiasta. Nella Guerra del Peloponneso insiste ossessivamente sull'importanza della Disciplina: scrive ad esempio "Non differisce molto l'uomo dall'uomo: ma sempre è superiore colui che è stato educato alla più rigorosa disciplina" (I, 84), e anche "[...] obbedite a ogni comando dei vostri capi: la disciplina e la solerzia siano per voi le armi migliori, con l'immediata e intelligente esecuzione di ogni ordine. Non si può assistere a una scena più nobile, più confortante di un esercito vasto, uno e concorde, disciplinato da un solo volere" (II, 11).

I romani, passati alla storia come esempio di Disciplina, avevano, invece un problema di controllo della Virtus: la Disciplina serviva a fissarne i limiti entro le coordinate volute.

Con uguale spietatezza colpivano, infatti, gli eccessi come le carenze di Virtus: e con la stessa inflessibile ferocia punivano tanto i troppo pavidi quanto i troppo coraggiosi.

Anche qui i riferimenti sono numerosi: tra i romani tanti, ad esempio, i figli indisciplinati e vincenti o indisciplinati e perdenti affidati dai padri senza distinzione e senza pietà alle cure del boia.

Questo nel passato: oggi quale senso ha la Disciplina? la questione può essere posta in termini dei dilemmi morali insiti in un meccanismo che potrebbe obbligare a fare cose che il senso morale della persona vieta. La cosa è in qualche misura irrilevante, in particolare quando l'adesione individuale alla guerra è volontaria.

I principi della guerra includono implicitamente la Disciplina nel principio dell'unità di comando. Un po' ipocritamente, va aggiunto, perché sembra voler evitare in questo modo di scendere in un dettaglio controverso.

Nello stesso articolo linkato sopra, io ho meno remore a parlare di "responsabilizzazione", che mi pare la forma di Disciplina più coerente con la modernità. Sempre che nella nostra epoca si sia ancora in grado di rappresentare un concetto di responsabilità capace di travalicare i confini della responsabilità verso se stessi per comprendere quelle di responsabilità collettiva.

La Disciplina militare è dunque sempre necessaria in guerra, ma cionondimeno la sua conformazione è il portato politico-culturale di una società, uno degli aspetti del rapporto tra politca e guerra.

Potere politico e rapporti politici sono determinanti nell'esprimere una forma storicamente individuata di Disciplina militare: un forte potere politico sostenuto da un'altrettanto forte legittimazione, esprimerà una disciplina militare altrettanto salda, mentre in caso contrario o non si avrà disciplina militare o quella che avremo sarà al massimo "autodisciplina" circoscritta a piccoli gruppi, nei quali, comunque, ritroveremo sempre una forte adesione comunitaria di origine politica.
FONTE:http://www.warfare.it/vocabolario/disciplina.html

martedì 21 febbraio 2012

VON CLAUSEWITZ


Non si può biasimare un metodo se non se ne sa indicare un altro migliore.

ARRESTATEMI: ISLAM= MERDA!




Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 20/02/2012, a pag. 14, l'articolo di Magdi C. Allam dal titolo "Criticare l’islam è proibito. Difendere l’Europa pure".

Magdi C. Allam

Aiuto! L’invasione islamica è ormai una realtà. A sfondare la fra­gilissima prima linea valoriale e identitaria dell’Occidente è stata la potente armata dei taglia-lin­gua nel nome di Allah. Il loro obiet­tivo è mettere al bando, qui dentro casa nostra, nella nostra culla del­­la libertà, nella nostra patria dei di­ritti fondamentali della persona, qualsiasi critica e meno che mai condanna dell’islam come religio­ne. L’islamofobia verrà bandita per legge in tutti gli stati europei, in ottemperanza ad una prima ri­soluzione, la 16/18 approvata dal­la Commissione per i diritti del­l’u­omo delle Nazioni Unite a Gine­vra nel marzo 2011 che contempla la lotta contro l’intolleranza, gli stereotipi negativi, la stigmatizza­zione della discriminazione, l’inci­tamento alla violenza, l’uso della violenza contro le persone sulla base della loro appartenenza reli­giosa. Per la verità quest’insieme è esattamente ciò che ritroviamo nel Corano e nella predicazione d’odio,di violenza e di morte delle moschee, ma incredibilmente si ri­torcerebbe contro coloro che non vogliono sottomettersi all’islam, al Corano, a Maometto e alla sha­ria, la legge imposta dal loro Allah. Ed è così che lo scorso 15 e 16 feb­braio a Bruxelles, con il benestare dell’Unione Europea,l’Organizza­zione per la Cooperazione Islami­ca (Oic), finanziata dai sauditi e il cui attuale segretario generale è il turco Ekmeleddin Ihsanoglu, ha organizzato un seminario per de­nunciare la campagna anti- islami­ca presente in alcuni mezzi di co­municazione di massa in Occiden­te, con l’obiettivo di indicare ai par­tecipanti, compresi i giornalisti oc­cidentali non islamici ma conni­venti con gli islamici, come con­trapporsi alla campagna mediati­ca anti- islamica. Questa iniziativa avrebbe già il sostegno di Obama e della Clinton.
Come è possibile che finiremo per imporci da soli il bavaglio? I te­orici del relativismo nostrano, compresi quelli che si annidano nella Chiesa, per screditare il valo­re delle radici giudaico-cristiane della civiltà laica e liberale dell’Oc­cidente, spesso fanno riferimento al versetto tratto dal Vangelo se­condo
Luca (6,43-49) che recita «ogni albero si riconosce dal suo frutto».A loro avviso non sono tan­to importanti le radici bensì i frutti dell’albero. Una tesi che mira a mettere aprioristicamente e acriti­camente sullo stesso piano tutte le religioni, le culture e le ideologie a prescindere dai loro contenuti perché, secondo i relativisti, si può aderire ai valori non negozia­bili della sacralità della vita, della dignità della persona e della liber­tà di scelta partendo da radici di­verse e finendo per condividere lo stesso frutto. Bene, ai relativisti no­strani ricordiamo la prima parte del versetto evangelico che chiari­sce: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che pro­duca un frutto buono ». A che cosa mi riferisco? Dopo la sbornia ideo­logica che ha trascinato in modo pressoché compatto l’Occidente succube del materialismo e am­malato di relativismo ad infervo­rarsi per la cosiddetta «Primavera araba», caldeggiando l’indizione delle elezioni con il coinvolgimen­to delle forze d’opposizione isla­miche che sono esplicitamente ostili ai diritti fondamentali della persona e alla democrazia sostan­ziale, oggi tocchiamo con mano i frutti dell’operato degli islamici che si sono imposti al vertice del potere.
Ovunque sta montando una campagna di condanna a morte, con l’emissione di fatwe (responsi giuridici), contro i «nemici del­l’islam ». In Arabia Saudita rischia di essere giustiziato il giovane gior­nalista Hamza Kashghari per es­sersi rivolto su Twitter in modo col­loquiale
a Maometto nella ricor­renza del suo compleanno scri­vendo: «Non pregherò per te. Non m’inchinerò davanti a te. Non ti bacerò la mano». In Egitto Naguib Sawiris, cristiano copto, magnate della comunicazione mondiale, è già stato portato in tribunale per avere pubblicato sempre su Twit­ter l’immagine di Topolino e Min­nie, l’uno con la barba da salafita, l’altra con il velo integrale. In Tuni­sia sono sotto processo sia il diret­t­ore della tv Nessma fondata da Ta­rak Ben Ammar sia il direttore del settimanale Attounisia per oltrag­gio all’islam. Tanti altri casi di cen­sura alla libertà d’espressione, nel nome dell’islam, si susseguono anche in Marocco, Algeria, Libia, Yemen,Pakistan,Nigeria,Indone­sia e Malaisia. Ma il problema vero è che ormai non possiamo più per­metterci il lusso di dissertare a di­stanza delle sciagure altrui. Dob­biamo occuparci direttamente e immediatamente delle nostre sciagure di cui noi siamo i veri re­sponsabili.Sveglia Occidente!

venerdì 17 febbraio 2012

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Forza Nuova: fiori funebri e lumini accesi fuori ad oltre cento sedi Equitalia

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Forza Nuova in azione davanti agli uffici Equitalia su tutto il territorio nazionale: fiori e lumini funebri accompagnati da un nastro con su scritto: IN MEMORIA DELLE VOSTRE VITTIME! Grazie a Equitalia tante piccole e medie imprese continuano a chiudere e altrettante famiglie sono costrette a pagare in ritardo bollette gravate da sanzioni usuraie. Centinaia di suicidi a causa di questo infame sistema sono gia' sulla coscienza dello Stato e solo Forza Nuova ha la forza di lanciare una "rivoluzione pacifica" contro questo scandalo coperto dalle Istituzioni Italiane dietro responsabilita' dei propri parlamentari corrotti. Non una rivoluzione con le bombe, i proiettili o esplosioni, ma depositando fiori e lumini all'esterno di ogni ufficio sia pro...vinciale che secondario, sparsi su tutto il territorio nazionale. Forza Nuova invita tutti i cittadini a partecipare a questa pacifica ma forte protesta popolare contro il sistema Equitalia! Con questa azione Forza Nuova vuole anche sensibilizzare l'opinione pubblica e i media riguardo lo sciopero della fame messo in atto da Frediano Manzi, responsabile dell'Associazione Anti Racket e Usura, realta' di lotta che collabora fattivamente e da tempo con il nostro movimento. Contro chi scrive libri, va in TV, fa i film e apparentemente denuncia atteggiamenti mafiosi mentre concretamente lucra sulla condizione di sfruttamento di migliaia di italiani vittime di racket e usura guardando bene di fermarsi un attimo prima obbedendo agli ordini di qualcuno, c'e' chi si scontra frontalmente con il potere dello "Stato nello Stato" facendo nomi e cognomi e denunciando senza paura quel marcio che da decenni logora la nostra Patria. Camorra, 'ndrangheta e mafia: tra chi e' complice, tra chi la racconta, tra chi la sopporta, c'e' qualcuno che la combatte. Onore a Frediano Manzi! Per i nfo: segreteria@forzanuova.org

Obama taglia gli aiuti ma dovrebbe pensare che in tal modo si taglia le vene...


L'Iran risponde alle sanzioni rafforzando il suo potenziale bellicodi Piera Prister

Piera Prister, Mahmoud Ahmadinejad

Le sanzioni sull’Iran non funzionano. “ Sanctions on Iran not Working”. Sono le testuali parole di Bibi Netayahu di oggi 16 febbraio 2012 da Cipro durante una conferenza stampa a Nicosia con il presidente cipriota Demetris Christofias. Aggiunge che “il tour ispettivo delle centrifughe e della stanza dei bottoni nucleari di ieri, fatto da parte di Ahmadinejad, e’ la sua risposta al mondo che si illude di poter trattare con un regime –ma guai a chiamarlo tale- che, forte del sequestro dell’ambasciata americana a Teheran sotto Carter, e’ andato avanti rompendo tutte le regole della convivenza tra le nazioni, di un regime che manda ragazzini nei campi minati, e li addestra a seminare la morte come torce umane. Un regime che lancia decine di migliaia di razzi nelle nostre citta’ grandi e piccole. La comunita’ internazionale dovrebbe impedirgli di raggiungere un potenziale nucleare che sarebbe una sciagura per tutti”. Queste sue parole fanno seguito a quelle pronunciate ieri, 15 febbraio: “Il mondo risponda con decisione agli attacchi iraniani contro le sedi diplomatiche israeliane in India, Georgia e Tailandia, che sono una minaccia alla pace mondiale”. Piu’ tardi nella stessa giornata, il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Liberman in un incontro con il presidente croato, Ivo Josipovic e il suo omologo Vesna Pusic, ha detto testualmente: “Because just as we have seen in the past , the Jews are the convenient target for crazy dictatorships but not the last”. Ben detto! Perche’ il terrorismo islamico non e’ soltanto un problema di Israele, anche se gli ebrei in passato sono stati un comodo bersaglio di folli dittature, ma non l’ultimo e il solo bersaglio, perche’ poi il risultato fu che dalla guerra tutti fummo orrendamente travolti ebrei e non ebrei. Invece l’amministrazione Obama in tutta risposta ha appena richiesto di tagliare ad Israele i fondi per la difesa congiunta anti-missili - missile defense funding to Israel- da 106 a 99 milioni di dollari per il 2013 per cui i repubblicani, nella persona di Ileana Ros-Lehtinen, chair of the House of Foreign Affairs Commitee e Buck McKeon chair of the House Armed Services Commitee, hanno inviato una lettera di protesta perche’ cade in un un momento in cui -Israele che e’ un leale alleato degli Stati Uniti deve essere sostenuto in una battaglia, in cui sembra essere rimasto solo, in difesa della democrazia, delle liberta’ individuali e delle donne contro i regimi musulmani che rappresentano la negazione di tali principi. L’Iran e’ spaventoso e alle sanzioni risponde rafforzando i suoi ordigni di guerra e il suo potenziale bellico, inoltre possiede un grande deposito di mine. Jerusalem Post riporta un lancio dell’agenzia Reuters del 13/2/2012 secondo cui nel Golfo Persico la marina iraniana e’ pronta ad utilizzare agili imbarcazioni per attacchi suicidi e all’uopo ha dislocato un numero di piccoli sottomarini che si muovono velocemente. Tuttavia il comandante delle forze navali americane della regione, il vice ammiraglio Mark Fox che comanda la quinta flotta, intervistato in Bahrein ha detto che la marina americana e’ in grado di prevenire il blocco dello Stretto di Hormuz che e’ di grande importanza strategica per il traffico del petrolio. Gli Iraniani si stanno preparando ad attaccare, dotando piccole imbarcazioni di una grande testata di dinamite –warhead- che potrebbero essere usate come un ordigno esplosivo in attacchi suicidi. “Some of the small boats have been outfitted with a large warhead that could be used as a suicide explosive device. The Iranians have a large mine inventory”. Lo stesso ricorda l’attacco suicida di al Qaeda del 1996 che uccise 17 membri dell’equipaggio del destroyer americano USS Cole in Yemen. L’Iran e’ si’ una minaccia, dice Mark Fox, ma prima dell’opzione militare bisogna tentare altre vie. Quali? La risposta passaparola e’ “Diplomazia”, la usa sia il presidente americano e la usa Leon Panetta per dire che Israele attacchera’ in aprile o maggio mandando al paese messaggi contraddittori. Questa parola sembra essere la magica panacea di tutti i mali, dietro cui si nascondono i codardi, andare avanti, avanti con le sanzioni e la diplomazia e poi... E’ il dictatum del presidente, Chamberlain Obama che dimentica che c’e un tempo per la pace e un tempo per la guerra e che e’ ora di schierarsi con Israele che e’ rimasta sola a difendere i valori occidentali contro chi li nega al proprio popolo con brutalita’ e disumanita’. Nella rivolta popolare del 2009 contro il regime dei mullah, Obama mando’ un messaggio di adulazione a quei teocrati che insanguinavano le strade di tanto sangue di giovani inermi, donne e uomini, invece di indirizzare lo stesso messaggio agli Iraniani che contandosi, si chiedevano dove fossero finiti i loro voti, reclamavano pacificamente giustizia solo giustizia contro i brogli elettorali che avevano riconfermato Ahmadinejad alla presidenza. Ora Obama e’ troppo preso dalla campagna elettorale basata sugli slogan di tassare i piu’ ricchi e sulla ridistribuzione della ricchezza, nonche’ sui diritti delle donne a garantirsi gratuitamente gli anticoncezionali e in ultimo, mossa assai furba che gli portera’ ancor piu’ un torrente di voti, a farsi fotografare accanto a Lady Gaga, l’icona gay che fece mesi fa un discorso intelligente, condivisibile e molto popolare contro il “Don’t Ask, Don’t Tell” a favore dei soldati gay, sdoganati da Obama, costretti all’ipocrisia di nascondere la propria identita’. Di questo passo l’abile Obama mettera’ nel sacco tutti i suoi avversari repubblicani che stanno dietro fantasie bigotte e quisquilie varie. Si pensi piuttosto alla grave minaccia di un Iran nucleare -minaccia avvertita persino dai paesi arabi sunniti - di un Iran che mira al califfato e a cui le sanzioni economiche non fanno nemmeno un baffo, e che pur di avere la sua bomba e le sue testate nucleari farebbe morire di fame milioni di Iraniani, come fece il suo amichetto nordcoreano Kim Jong il. Cedendo terreno passo passo faremo il gioco del nemico, anche se ci sono tutte le avvisaglie presaghe di quello che si sta addensando sulle nostre teste. Per cui anche noi siamo presi da un attimo di sgomento: e se poi fosse troppo tardi, e se poi non facessimo a tempo a rimediare, e se poi Israele da solo non ce la facesse! - Ma poi ci conforta dare una rapida occhiata alla lista dei mezzi elettronici sofisticati ed inimmaginabili di warfare che Israele possiede, oltre ai droni telecomandati -capaci di volare per lunghissimi percorsi- nonche’ alla sua Intelligenza; ed e’ possibile anche che sia in possesso di bombe non nucleari, designate a colpire un obiettivo in profondita’, la piu’ grande delle quali ha una lunghezza di 6 m./ un diametro di 0,8 m. /un peso di 30.000 libbre, ossia 14 tonnellate/e testata di 2,4 tonnellate di esplosivo, con capacita’ di penetrazione di 61 metri (30,000 pound bunker-busting, known simply as the MOP -Massive Ordnance Penetrators). - Allora ci convinciamo che Israele e’ forte, vigile e invincibile, e ce la fara’ come il piccolo Davide contro il gigante Golia.
 FONTE:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=43446

Quando i GIUDICI FARNETICANO....

Solidarietà al giornalista Giuseppe Caldarola condannato per aver criticato Vauro

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Iniziata una sottoscrizione delle comunità ebraiche italiane
Quattro anni fa, nel marzo del 2008, in piena definizione delle liste elettorali e quindi della campagna elettorale – che avrebbe poi visto la vittoria della coalizione guidata dal Pdl - la giornalista Fiamma Nirenstein, all’epoca editorialista ed inviata dal Medio Oriente per Il Giornale, confermò la sua intenzione di candidarsi per il centro destra.
Una scelta che non piacque al vignettista Vauro che – pochi giorni dopo – pubblicò sul Manifesto una acida vignetta – per alcuni sfacciatamente antisemita – che demonizzava la scelta della Nirenstein, usando i soliti simbolismi razzisti e razziali: il naso adunco e la stella di David, per di più associati al fascio littorio.
Mesi dopo Giuseppe Caldarola in un corsivo sul Riformista criticò quella vignetta che a suo giudizio esprimeva il concetto di un Vauro che giudicava la Nirenstein ‘come sporca ebrea’.
L’espressione non piace al ‘sensibile’ vignettista, in passato ben caustico disegnatore delle vicende italiane e medio orientali, che pensò bene di querelare Caldarola. In questi giorni la sentenza a dir poco clamorosa: Peppino Caldarola è stato infatti condannato a risarcire Vauro di 25000 euro per diffamazione.
Scrive lo stesso Caldarola nel suo blog:
Sono stato condannato per aver criticato Vauro. In questa vicenda vi sono più aspetti singolari”. “Se le cose hanno una logica, in questo caso essa è questa: si può rappresentare legittimamente un cittadina italiana indicandone la religione attraverso la propria trasfigurazione con il naso adunco e la stella di Davide, non si può criticare questa vignetta con un testo ironico che interpreta il giudizio di Vauro”.
Caldarola conclude così:
Vorrei solo segnalare di quella vignetta il dato politico culturale che dovrebbe far riflettere. È l’associazione che c’è nella vignetta della stella di Davide con il fascio littorio. Cioè il rovesciarsi dell’ebraismo nel suo contrario. E’ la stessa tesi di quelli che sostengono che Israele sia la negazione delle ragioni per cui è nata in quanto è uno diventato uno Stato oppressore e di tipo nazista. La giurisprudenza sembra dar ragione a questa tesi. Fiamma Nirenstein che vive scortata per le minacce mortali ricevute può essere insultata tranquillamente. Gli ebrei sanno che da oggi hanno tutti loro il naso adunco e quella stella di Davide gli può essere cucita addosso se non si comportano politicamente bene. Contro questa cultura io mi batterò, nella sinistra contro una certa sinistra. Da molti anni, nella mutevolezza delle opinioni, è questa la mia stella polare. Ora io e Polito, all’epoca direttore del “Riformista”, siamo stati condannati. Ad una pena pecuniaria. Preferisco il carcere. E lo chiederò”.
Alla sentenza del tribunale di Roma, immediate sono state le reazioni, ovviamente sdegnate della comunità ebraica. “Stupore e amarezza” per il presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici che pone il quesito: “é lecito domandarsi gia’ da ora quale sia il confine entro cui puo’ muoversi la satira in un paese democratico”. Infine, “solidarieta’ a Fiamma Nirenstein, figlia di scampati alla Shoah, donna che per il suo impegno e’ sotto costante scorta della polizia”.
A suo tempo – ha spiegato il deputato del Pd Emanuele Fiano - espressi a Fiamma Nirenstein la mia solidarieta’ per l’orribile vignetta di Vauro. Oggi mi auguro che Peppino Caldarola, giornalista galantuomo, vinca il ricorso in appello contro la condanna subita per aver criticato, come e’ giusto che fosse, la vignetta di Vauro”. “Si possono – prosegue Fiano - non condividere le scelte di chiunque, ma usare la piu’ orribile iconografia fascista e nazista degli anni ’30 per attaccarlo non puo’ essere accettato. Se il diritto di satira non va limitato questo non significa che la cultura espressa dalla satira, i suoi paragoni, le sue metafore non possano essere anche duramente criticati, e nessun vignettista dovrebbe rivolgersi ai giudici per attaccare chi li critica”. Conclude Fiano: “Trovo inaccettabile che chi pretende liberta’ di espressione come Vauro sempre e comunque, voglia vedere condannato chi come Caldarola ha ravvisato i tratti della discriminazione nella sua vignetta”.
Sdegnato’ si è dichiarato il presidente del Congresso Ebraico Mondiale (Wjc), Ronald S. Lauder. “Mentre l’uomo che difende una donna ebrea viene multato, l’autore di questa vignetta sfacciatamente antisemita viene assolto e riceve via libera dalla corte per continuare a iniettare veleno nel dibattito politico in Italia”. “Nirenstein – dice ancora Lauder - e’ un eccellente legislatore che non si ritrae dal fare battaglie politiche. Sebbene chiunque abbia il diritto di essere in disaccordo con le sue idee, nessuno puo’ usare contro di lei il fatto di essere ebrea e di impegnarsi per il benessere di Israele. Le caricature antisemite o razziste non hanno nulla a che fare con la satira, ne sono ben lontane; sono semplicemente spregevoli’”.
Alle amare considerazioni, e alle parole di solidarietà a Caldarola, il mondo ebraico italiano ha fatto seguire i fatti.
Immediatamente, il 23 gennaio scorso, la Giunta della Comunità ebraica di Roma ha lanciato una sottoscrizione a favore di Peppino Caldarola.
Contemporaneamente, analoga iniziativa di raccolta fondi, è stata lanciata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e alla quale stanno aderendo i presidenti delle singole comunità. Fondi sono già stati stanziati, oltre che da Roma, dalle comunità di Livorno e Trieste, a cui seguiranno certamente le adesioni delle altre comunità. “Gli ebrei italiani – ricorda una nota Ucei -ritengono che lo spirito delle parole dell’on. Caldarola non fosse quello di offendere il signor Vauro Senesi, ma di difendere il loro onore e il loro prestigio”. “All’on. Caldarola – conclude la nota - gli ebrei italiani vogliono esprimere e dimostrare concretamente la loro solidarietà, stima e fraterna amicizia, che da questa vicenda escono rafforzate e consolidate”.
Una raccolta di fondi, ha spiegato Pacifici che è “una sorta di nostra collettiva ed unanime protesta dell’ebraismo italiano a sentenze che come questa lasciano, questo possiamo dirlo serenamente, l’amaro in bocca”.
http://www.romaebraica.it/solidarieta-al-giornalista-giuseppe-caldarola-condannato-per-aver-criticato-vauro/

Il disprezzo va usato con parsimonia, in un mondo così pieno di bisognosi.
François-René de Chateaubriand

A PENE DI SEGUGIO!!..Altro che costi OLIMPICI!

800 milioni l'anno rispetto ai 60 miliardi sono solo 1,33%..bene, recuperando solo il 5% della corruzione e dell'illegalità delle mafie si sarebbero fatte le olimpiadi, le strutture e pure abbattuti i costi delle manovre.."SALVA ITALIA"..GOVERNO, Mennea ed AFFINI..?! FUCK OFF!

Corte dei conti: illegalità e corruzione
costano 60 miliardi l'anno, evasione recordAllarme dei giudici contabili: la dimensione del malaffare superiore a quella venuta alla luce. Nel 2011 inflitte condanne per appena 75 milioni di euro
ROMA - E’ l’anniversario di Mani pulite e alla Corte dei conti, chiamata tutti i giorni a contrastare i danni del malaffare pubblico italiano, è normale che si parli soprattutto di corruzione. L’allarme lo lancia il presidente Luigi Giampaolino, aprendo la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario dei magistrati contabili: «Illegalità, corruzione, malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce».

Un giudizio durissimo,
tanto più perché espresso in una cerimonia paludata, davanti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a quello della Corte costituzionale Alfonso Quaranta, e al ministro della giustizia Paola Severino. Tanto che a fine mattinata i commenti positivi coprivano tutto l’arco costituzionale, dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini a Maurizio Paniz del Pdl passando per Nichi Vendola di Sel. Ma incontrando i giornalisti al termine, Giampaolino è ancora più esplicito. La battaglia contro la corruzione è stata persa, ammette: «Bisognava combattere in modo sistemico, mentre in Italia l’approccio è stato solo penalistico, chirurgico, fatto di tagli irrimediabili. Sempre con l’idea di aumentare le pene o inventarsi nuovi reati mentre sarebbe servita una riforma della pubblica amministrazione». Bisognava creare una mobilitazione ampia, diffusa, qualcosa di paragonabile alle lenzuola bianche della lotta alla mafia: «Bisognerebbe fare per la corruzione quello che è stato fatto per la mafia, costruire un momento di lotta».

Nel mettere mano al catalogo del malaffare pubblico, presidente e procuratore generale dei magistrati contabili mettono bene in chiaro che quello che la loro Corte può fare è ancora poco. La relazione del procuratore generale, svolta dal sostituto Maria Teresa Arganelli, spiega che l’entità della corruzione annuale in Italia è stimata in 60 miliardi. Secondo i dati della Commissione europea, l'Italia deterrebbe il 50% dell'intero giro economico della corruzione in Europa anche se, commenta Arganelli, si tratta di un dato «che appare invero esagerato per l'Italia, considerando che il restante 50% si spalmerebbe senza grandi problemi negli altri 26 Paesi dell'Unione Europea». Sia come sia il raffronto col resto del continente, i numeri sono comunque impressionanti. Tra Carabinieri, Guardia di finanza e Agenti forestali (il dato della Polizia di stato è tenuto a parte perché disomogeneo ndr) nel solo 2011 i casi di corruzione sono stati 184, 133 quelli di concussione e 1.160 di abuso d’ufficio. E le persone denunciate sono in tutto 4.064. Eppure, quello che la Corte dei conti riesce a recuperare non è commensurabile ai 60 miliardi trafugati. Nel 2011, i magistrati contabili sono riusciti ad infliggere condanne in primo grado per soli 75 milioni di euro e in appello per altri 15 milioni.

Oltre alla corruzione, la malagestione delle risorse pubbliche si declina in aspetti diversi, tutti costosissimi come costosa è l’intera macchina dello Stato che ogni anno pesa chiede alle finanze italiane 171,1 miliardi solo per il personale dipendente. Nella sanità pubblica i danni erariali del 2011 sono stati oltre un centinaio e la Corte dei conti è riuscita a ottenere risarcimenti complessivamente per 22 milioni di euro a carico di 144 persone fisiche e otto persone giuridiche. L’Italia non fa bella figura neppure quando si parla di frodi sui fondi provenienti dalla Comunità europea. Anche a causa delle sospette frodi - che sospendono i finanziamenti o li accreditano allo stato contribuente - nel 2009 l’Italia ha dato all’Europa 14,4 miliardi di euro, ma ne ha visti tornare in finanziamenti solo 9,1. E a fine 2009 gli importi da recuperare a causa delle frodi erano di 85,2 milioni totali.

In un anno che sarà ricordato «nella storia della finanza pubblica italiana, per la severità della situazione economica e per l’affanno con il quale i governi hanno rincorso i rimedi necessari a fronteggiarla», dice Giampaolino, i problemi sono tanti. Anche l’evasione fiscale: «Per la sola Iva c’è un tax gap (percentuale di tasse che non vengono pagate in tempo ndr) superiore al 36%, di gran lunga il più elevato tra i grandi paesi europei, esclusa la Spagna che arriva al 39%». In mancanza di una stima ufficiale dell’evasione fiscale, le analisi quantificano in almeno 100-120 miliardi le imposte annualmente evase. Bisogna studiare di più, conclude Giampaolino. Non solo gli effetti annunciati, ma l’impatto che le politiche pubbliche «esercitano sulla dinamica delle entrate e delle spese». E anche qui, il penale non basta: «La lotta all’evasione deve essere accompagnata dalla lotta allo sperpero di denaro pubblico»

giovedì 16 febbraio 2012

Sotto troppo silenzio...

Il silenzio delle nostre autorità coniglie e "politicamente corrette" è quantomeno imbarazzante...

 

Il Ricordo e il Futuro

Il 10 febbraio, è il giorno che è stato dedicato, come da legge n.92/2004, al Ricordo dell'esodo istriano, fiumano e dalmata e della tragedia delle foibe, in cui perirono decine di migliaia di italiani, vittime della pulizia etnica ideata e perseguita dal maresciallo Josip Broz, meglio noto come Tito.
La data ricalca quella del Trattato di Parigi che, il 10 febbraio 1947, sancì il passaggio definitivo della penisola istriana (con le città di Pola, Parenzo, Rovigno), di Fiume e della Dalmazia (con la città di Zara), per un totale di 7.700 chilometri quadrati, costringendo all'esodo tutti coloro che volevano restare italiani e temevano le ritorsioni del nazionalismo jugoslavo.
Possiamo leggere, nel libro di Arrigo Petacco L'Esodo, l'ammissione di Milovan Gilas, vice-primo ministro jugoslavo e membro del Cominform
«Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito in Istria a organizzare la propaganda antitaliana. Si trattava di dimostrare alle autorità alleate che quelle terre erano jugoslave e non italiane. Certo che non era vero. O meglio lo era solo in parte, perché in realtà gli italiani erano la maggioranza nei centri abitati, anche se non nei villaggi. Ma bisognava indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto»
Sul finire della Seconda guerra mondiale infatti, mentre tutta l'Italia veniva liberata dall'occupazione nazista dalle truppe alleate, a Trieste e nell'Istria la "liberazione" avvenne ad opera dell'esercito jugoslavo guidato dal macellaio Tito, che poté imperversare indisturbato e dare sfogo al suo disegno di annessione e slavizzazione di tutta la Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia.
Tito, totalitarista, comunista e nazionalista, fu capo indiscusso di un regime che immediatamente dopo la guerra attuò un dura repressione politica e ideologica, come ricorda l'ex dirigente triestino di PCI e PDS Stelio Spadaro: chiuse i luoghi di culto, le sedi di partito, tolse la libertà di parola, piallò ogni forma di diversità etnico-linguistica, chiudendo molte delle scuole di lingua italiana, controllò ogni respiro della società attraverso un servizio segreto chiamato Ozna, istituì campi di concentramento di cui quello di Goli Otok è stato tristemente il più celebre. 


A questo pazzo criminale, tra l'altro, l'Italia conferì nel 1969 l'onoreficenza di cavaliere della Repubblica, nonché un estremo saluto attraverso la partecipazione ufficiale ai funerali di Stato dell'allora presidente Pertini, protagonista della Resistenza, che si astenne in tutto il suo mandato presidenziale invece dal visitare la Foiba di Basovizza.
L'effetto dell'accanimento titino è presto detto: su 502.124 abitanti di quelle terre, circa 350.000 italiani fuggirono in Italia, abbandonando la loro terra e in molti casi disperdendo definitivamente l'unità famigliare e di affetti. Secondo i dati raccolti nel volume Il rumore del silenzio: la storia dimenticata dell'Adriatico Orientale (a cura della Lega Nazionale - Trieste, della Presidenza della Provincia di Roma, della Fondazione "Ugo Spirito", 2001) ottantamila raggiunsero le Americhe e l'Australia, centomila vennero accolti in Friuli-Venezia Giulia, gli altri furono ricoverati nelle baracche di 109 campi profughi, dal Carso alla Sicilia. I miei nonni con mia zia di dieci anni e mia mamma di sei, profughi da Piemonte d'Istria, finirono a Gaeta.

Sempre nello stesso volume sono consultabili alcune delle cifre riguardanti l'esodo che interessò i centri abitati a stragrande maggioranza di popolazione italiana

Città
abitanti 
profughi
Lussingrande 
1.992
1.500
Cherso 
7.570
6.000
Fiume 
60.000
54.000
Capodistria 
15.000
14.000
Cittanova 
2.515
2.025
Rovigno 
10.020
8.000
Zara 
20.055
18.000
Lussinpiccolo 
6.856
5.850
Pola 
34.000
32.000

Nonostante le proporzioni di questa tragedia, una delle più immani della storia italiana, il colpevole silenzio calò sull'intera vicenda, che venne sottratta alla conoscenza dei più. Equilibri internazionali e interni, forse l'esigenza di coesione nazionale di una Repubblica nata dalla Resistenza, in cui si sosteneva di aver sconfitto il Fascismo e, a fianco agli Alleati, di aver vinto la guerra, mal si conciliava con la mutilazione del territorio nazionale e la persecuzione dei propri cittadini da parte di un formale alleato della fase bellica.
Solo dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della Prima Repubblica, in Italia si è potuto fare luce sulla vicenda e sentire ammissioni prima parziali e poi sempre più convinte da parte sia di molta della storiografia ufficiale che di esponenti storici della sinistra italiana: ai fatti via via è stato dato il giusto riconoscimento, consentendo che non fosse più solo una rivendicazione dei soli esuli o il tema caro solo a una parte politica che si identificava nell'orgoglio nazionale, ma che divenisse un patrimonio collettivo.
La legge che istituisce il Giorno del Ricordo, promossa da Roberto Menia, venne approvata con largo concorso delle forze politiche presenti in parlamento (tra i 15 contrari alla Camera ci furono Vendola, Pisapia, Diliberto e Marco Rizzo), responsabilizzando le istituzioni a diffondere la conoscenza dei fatti e a valorizzare un patrimonio culturale che abbiamo rischiato di smarrire.
Il 10 febbraio 2005, per iniziativa del Ministro per gli italiani nel mondo Mirko Tremaglia, si tenne a Trieste il primo Convegno Mondiali degli Esuli istriani, fiumani e dalmati, in occasione del quale ritornarono nella Venezia Giulia migliaia di ex profughi dalle Americhe e dall'Australia, molti dei quali non avevano mai fatto ritorno in Patria prima di allora. Un riconoscimento forse tardivo ma assolutamente necessario nell'ottica di una pacificazione nazionale in via di completamento.

Oggi, nel 2012, - nel pieno di un uragano che ci scuote e davanti a un futuro che tarda a schiudersi e a delinearsi con chiarezza - fermarsi a deporre un fiore o a recitare una preghiera sulla Foiba di Basovizza deve far riflettere sull'importanza del senso di condivisione della comunità nazionale e sui diritti umani, civili e di cittadinanza. Il Novecento si è chiuso portando con sé barbarie innescate da infernali ideologie totalitarie, la storia fortunatamente le ha sconfitte, sconfessate e superate. La rincorsa folle a un concetto etnico ed incontaminato di nazione ha massacrato i popoli in nome della sacralità dei confini.

Quando l’etnia non va d’accordo con la geografia, è l’etnia che deve muoversi, diceva colpevolmente Benito Mussolini.

Nel mondo globalizzato le genti si spostano, alla ricerca di maggiori libertà, benessere e felicità, portando con se la propria cultura e i propri valori. Spieghiamo ai figli del terzo millennio che la Patria, non sarà più il luogo dei loro padri, ma dove decideranno di vivere in armonia con le leggi, le tradizioni e le usanze del posto, dove costruiranno vita, affetti e magari contribuiranno a dare nuova dignità alla res publica. Dove il Novecento si studierà sui libri e non sarà materiale per dividere le coscienze in una disperata rincorsa al consenso.

FONTE:http://alessiobriganti.blogspot.com/2012/02/il-ricordo-e-il-futuro.html#more

La "civiltà" musulmana..?!"NO GRAZIE!

Malaysia: raid contro coppie non sposate

In giorno San Valentino polizia arresta ottanta coppiette


Malaysia: raid contro coppie non sposate (ANSA) - BANGKOK, 15 FEB - Oltre 80 musulmani sono stati arrestati in Malaysia in un raid effettuato dalla polizia locale contro le coppie non sposate sorprese assieme nel giorno di San Valentino. Si e' trattato dell'atto finale contro la festa degli innamorati lanciata nelle ultime settimane dalle autorita' religiose nel Paese. Ufficiali della ''polizia morale'' hanno sorpreso le coppie - molte di adolescenti - in camera di motel economici negli stati di Selangor e della capitale Kuala Lumpur.

Non abbochiamo più al giochinio delle parti..DEVASTIAMOLI!

Nucleare:Iran,lettera a Ue su negoziati

Teheran propone ripresa anticipati colloqui 5+1

Nucleare:Iran,lettera a Ue su negoziati
(ANSA) - VIENNA, 16 FEB - L'Iran ha proposto una ripresa anticipata dei colloqui con il gruppo dei 5+1 nella lettera inviata alla rappresentante Ue per la politica estera Catherine Ashton. Nella breve lettera, che non presenta proposte specifiche sulla questione nucleare, si sottolinea tuttavia che Teheran e' ''pronta al dialogo su una vasta gamma di questioni che possono preparare il terreno per i negoziati'' si legge nella lettera datata 14 febbraio, a firma del negoziatore iraniano Saeed Jalili.

Il tempo dello strike si avvicina...

Israele, sventato assassinio Barak

'C'era piano Iran-Hezbollah per attentato a Singapore'


Israele, sventato assassinio Barak (ANSA) - ROMA, 16 FEB - I servizi segreti israeliani avrebbero sventato un piano del gruppo libanese Hezbollah e di agenti iraniani per assassinare il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak durante la sua visita a Singapore questa settimana. Lo scrive oggi il quotidiano kuwaitiano Al Jarida.

Il giornale cita come fonte "alti ufficiali militari israeliani", sulla scia delle tensioni tra Iran e Israele dopo le esplosioni di Bangkok e gli attacchi contro diplomatici israeliani in India e in Georgia.

GRANDE!

Pakistan: due droni uccidono 21"bastardi"



Pakistan: due droni uccidono 21 persone
(ANSA) - ISLAMABAD, 16 FEB - E' di almeno 21  il bilancio dei nemici oggi neutralizzati in Pakistan da parte di due aerei senza pilota Usa. In mattinata un done aveva attaccato un obiettivo nell'area di Spalga, vicino alla città di Miranshah causando la morte di sei "ricercati". Qualche ora dopo un altro drone operato dalla Cia ha colpito un grosso veicolo nel Waziristan settentrionale uccidendo altri 15 i militanti. Si tratta di una delle giornate più cruente messe a segno dai droni americani in Pakistan.
 

Israele vuole comprare da Italia 30 jet

Velivoli da addestramento. Accordo per un valore totale da 2 mld

 

Israele vuole comprare da Italia 30 jet
 (ANSA) - ROMA, 16 FEB - Israele intende comprare dall'Italia jet per addestramento: e' quanto si rileva all'ambasciata israeliana in Italia, sottolineando che il generale Udi Shinai, direttore generale del ministero della Difesa, raccomandera' al proprio governo di autorizzare un accordo per la fornitura di circa 30 jet M346 di Alenia Aermacchi: una commessa da un miliardo di dollari. In ritorno, il governo italiano comprera' prodotti dell'industria di Difesa di Israele per un pari valore di 1 miliardo di dollari.

Ed ora il TIME?!....

Comunicazione ufficiale sul rapporto Debito Pubblico PIL

Il rapporto debito pubblico italiano-PIL - nel 2010 al 118,4% - per il 2011 si attesta ”in un range compreso tra il 119,5 e il 120%”.
Ecco i primi effetti contabili (visto che a tanti interessa la contabilità e non la sostanza) delle manovre politiche per l’austerità. Senza crescita, nessuna stabilità. Aspettiamo con ansia di vedere a che livello arriverà il rapporto debito pubblico PIL nel 2012 con queste manovre europee ed italiane che generano recessione e instabilità.

FONTE:http://www.gustavopiga.it/

MASTER Giannino: Licenziamo i nulla facenti pagati da tutti noi!!!!

In Spagna, lavoratori pubblici licenziabili! Da noi?

Ha perfettamente ragione il Foglio di oggi. Nessuno in Italia ha mostrato di accorgersi di una delle novità più clamorose della riforma del mercato del lavoro appena varata dal governo Rajoy. Non si è solo ridotta l’indennità economica per i licenziamenti economici non sottoposti al vaglio del giudice – già prima il mercato del lavoro spagnolo come flòessibiolitùà in uscita era assai meglio del nostro attuale  – abbassandola di un quarto a 33 giorni di salario l’anno e per un massimo dell’equivalente di due anni di stipendio invece dei 42 mesi precedenti.  La grande novità è che si è introdotta la possibilità di licenziamento economico dietro versamento di eguale indennizzo e senza filtro giudiziale anche per i dipendenti pubblici! O meglio, per più di un quinto dei dipendenti pubblici, 685mila su 3,1 milioni totali, quelli che hanno un contratti di lavoro equiparato al privato non essendo coperti dalla qualifica di funzionario pubblico. Il criterio è che se un’amministrazione pubblica è in deficit per più di 9 mesi, chi la guida può praticare licenziamenti. Nove mesi! Che ne direste di una misura simile da parte del governo Monti? Perché nessuna misura di energuica ridefinizione del perimetro pubblico è stata sin qui indicata dal governo dei professori? perchè sono tali e quali ai politici di destra e di sinistra? O ci vogliono e ci possono ancora stupire?
Sul dilemma di come sarà davvero la riforma del mercato del lavoro su cui fervono gli incontri, a seguire quanto ho scritto su Panorama di questa settimana.
Domanda: ma se tutti convengono che l’essenziale è sbloccare la crescita senza per questo mettere da parte subito i vecchi istituti della cassa in deroga, che hanno attenuato l’impatto devastante di più di 20 punti di produzione industriale ancora mancanti rispetto al 2008, ma allora chi glie lo fa fare a Mario Monti di esporsi a uno scontro frontale con Cgil e sindacato sull’articolo 18? Risposta. Il bello viene nelle prossime due-tre settimane, dunque chi si azzarda a fare pronostici deve mettere in conto un’alea elevata. Ma almeno due elementi sono certi.
Primo. Mario Monti ed Elsa Fornero si sono già rivelati bravissimi nell’operazione-pensioni. Per risollevare immagine e giudizio sostanziale dell’Italia sui mercati, annunciare attraverso anticipazioni di stampa provvedimenti di svolta energica rispetto ai ritardi e alle diluzioni degli anni precedenti. Per poi assumerli davvero, nei tempi annunciati cioè brevi, e coerenti a quanto detto, cioè tosti. A comportarsi così il governo ci guadagna tre volte. In primis, più forte è la sollevazione iniziale dei contrari, maggiore è l’effetto-rivoluzione che le misure assumono sui media italiani, su quelli internazionali, agli occhi di Ue, Fmi e Ocse. Poi, si cresce nella stima degli italiani, in altre parole la decisionalità diventa autoportante rispetto alla durezza della protesta. Infine, incassate questi due vantaggi, si può anche giocare d’abilità e impostare lo stesso teatrino mediatico-protesta su altri capitoli come nel caso del decreto liberalizzazioni, ma varando poi nel merito provvedimenti assai meno rivoluzionari di quanto prospettato. Molto meno. Ma con la ragionevole aspettativa, puntualmente rivelatasi fondata, che i media ormai tengono lunga e spessa l’onda a favore, e la tavola da surf del governo va sempre più in alto.
A questo punto, secondo elemento, bisogna capire se la riforma del mercato del lavoro sarà un colpo di maglio salvifico e deciso come quella sulle pensioni, oppure se alla fine s’incassa comunque l’onda positiva ma accontentandosi di una mediazione. Chessò, un articolo 18 sospeso nella reintegra giudiziale solo per i nuovi assunti in cambio di trasformare i loro contratti da precari a tempo indeterminato. Fino a qualche giorno fa, avrei detto che questa o analoghe furbate sia l’ipotesi più probabile. Poi mi sono arrivati sul tavolo report riservati di fonte europea, successivi al voto del parlamento greco e alla riforma – quella sì notevole- varata da Rajoy in Spagna, migliorativa in flessibilità del già molto avanzato sistema precedente in quel Paese. Caro Monti non puoi fare un pastrocchio, dicono quelle note riservate. Anche lunedì, nell’incontro italo-tedesco, il messaggio di Berlino è stato chiaro. Ci stupisca, allora, il governo Monti. Levi il reintegro giudiziale per i licenziamenti economici e per tutti, non solo peri neoassunti, come già ha detto Bonanni. Intervenga anche con drastici paletti sulla reintegra giudiziale in caso disciplinare. Eviti la demagogia del contratto indeterminato come modello unico. Se Monti-Fornero facessero cose simili la lotta di rito ai finti cococo- che ci sarà comunque, le partite IVA già inziano a scendere – sarà equilibrata da misure crea-lavoro. Altrimenti l’effetto netto sarà solo più gente a spasso, finché siamo in recessione. Stupiteci, e i consensi dei media diventeranno ancor più imbarazzantemente stellari. Magari con un po’ di attrito sindacale, però.

 http://www.chicago-blog.it/2012/02/15/in-spagna-lavoratori-pubblici-licenziabili-da-noi/

TRAGEDIA!

Quando sono interessati bambini è sempre un'immane disastro...

Mo: camion contro bus, 8 bambini morti

Palestinesi erano su scuolabus che si e' incendiato, 40 feriti


Mo: camion contro bus, 8 bambini morti

 (ANSA) - GESURALEMME, 16 FEB - Almeno otto bambini palestinesi sono morti quando l'autobus su cui viaggiavano e' stato violentemente colpito da un camion israeliano in Cisgiordania. Lo ha detto un portavoce della polizia israeliana.

''Ci sono tra gli otto e i dieci morti'', ha detto all'Afp il portavoce precisando che le vittime ''sono bambini''. Secondo il sito israeliano Ynet, ci sono anche almeno 40 feriti, molti dei quali ustionati, dal momento che il bus dopo l'urto ha preso fuoco.

mercoledì 15 febbraio 2012

Pronti..prontissimi...al VIA..

14.02.2012 'Raggiungere i nemici ovunque siano'. Israele pronto ad attaccare il nucleare iraniano ?
intervista di Giulio Meotti a Ephraim Sneh, cronaca di Andrea Morigi

Testata:Il Foglio - Libero
Autore: Giulio Meotti - Andrea Morigi
Titolo: «Alle manovre anti-Iran ci siamo anche noi»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 14/02/2012, in prima pagina, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "  La cura di Sneh  ". Da LIBERO, a pag. 17, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Alle manovre anti-Iran ci siamo anche noi ".
Ecco i due pezzi:

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " La cura di Sneh "

Giulio Meotti, Ephraim Sneh

A Entebbe il generale Ephraim Sneh era noto a tutti come “il dottore”. Il 4 luglio 1976 tra le sue braccia morì Yoni Netanyahu, fratello dell’attuale primo ministro d’Israele e a capo del celebre blitz ugandese che liberò gli ostaggi. Con Sneh nella Sayeret Matkal, le teste di cuoio israeliane, c’era la “cabala del commando”, ovvero Benjamin Netanyahu, primo ministro, Ehud Barak, ministro della Difesa, e Moshe Yaalon, il vice premier noto come “the brain”, il cervello. Erano i wonder boy dell’unità famosa per il motto “Chi osa vince”, mutuato dalle Sas inglesi. Oggi sono i falchi dello strike contro Teheran. “Eravamo i campioni del mondo, ma è stata una missione costosa perché abbiamo perso Yoni”, dice Sneh al Foglio. “Contro le centrali nucleari iraniane siamo pronti ad agire di nuovo a migliaia di chilometri da casa. Non parliamo di risposta a un attacco: a Israele spetta la prima mossa”. Newsweek rivela che la visita a Washington del capo del Mossad, Tamir Pardo, è servita a saggiare la reazione americana allo strike preventivo contro Teheran. Sabato, su Fox News, il maggiore opinion maker conservatore, Charles Krauthammer, ha scandito chiaro: “Israele farà lo strike per prevenire un secondo Olocausto”. E’ il countdown. Dice Sneh: “Si illude chi crede al cliché secondo cui il programma nucleare iraniano è un problema di cui si occuperà la comunità internazionale, Israele deve essere pronto a fermarlo da solo”. Il generale, a lungo anche viceministro della Difesa, è noto come “l’uomo che ha scoperto l’Iran”, perché fu il primo a sollevare l’allarme sull’atomica iraniana. Sneh sottopose le sue conclusioni all’allora primo ministro, Yitzhak Rabin che, il 26 gennaio 1993, annunciò alla Knesset: “L’Iran è un pericolo strategico per lo stato d’Israele”. Al Foglio, Sneh dice che “il regime iraniano è religioso e fanatico e ha esportato il terrore nel mondo. Al Jihad islamico paga un bonus per ogni israeliano ucciso e l’Iran è responsabile per il bombardamento all’ambasciata israeliana di Buenos Aires. L’Iran ha missili balistici per portare fino all’Europa le testate nucleari. Nella Shoah abbiamo già perso un terzo del popolo ebraico a causa della combinazione di fanatismo e mezzi militari. Non accadrà di nuovo, non ignoreremo chi ci dice ‘vi elimineremo dalla carta geografica’”. Un Iran nucleare darebbe il via al caos atomico. “Israele non può vivere dentro una tenaglia atomica. Se l’Iran avrà il nucleare, anche Arabia Saudita, Egitto e Turchia lo vorranno. Governi islamici con armi atomiche: è l’incubo più grande per Israele e per i suoi figli. Israele è la casa sicura degli ebrei e una grande economia che attrae eccellenza e investimenti. Sotto minaccia atomica, non è più una casa sicura. Sarà la fine d’Israele. Siamo uno stato piccolo e il cuore della nostra economia ruota attorno a Tel Aviv. L’Iran è uno stato grande e meno vulnerabile. Non c’è simmetria o deterrenza fra Iran e Israele. I fanatici religiosi non avranno la bomba”. Per Sneh lo strike è possibile. “Una campagna israeliana contro le installazioni nucleari iraniane li paralizzerebbe per un certo numero di anni. La rappresaglia sarebbe dolorosa per Israele, ma sostenibile”. Ci sono soltanto due modi per fermare l’Iran: “La prima è usare le sanzioni per convincere il regime a rinunciare al programma nucleare. Se non funziona, resta l’attacco militare. Israele non deve sentirsi nell’angolo, perché quando si parla della nostra vita non chiediamo il parere degli Stati Uniti. Significa questo ‘never again’”. E’ anche la lezione di Entebbe. “Raggiungere i nemici ovunque siano. Da allora sono passati quarant’anni, il terrorismo è diventato religioso e satanico nel metodo, ma Israele è di nuovo pronto a colpire a migliaia di chilometri di distanza da casa”.
 (quinto di una serie di articoli. I primi quattro sono usciti il 4, l’8 , il10  e l'11 febbraio e sono disponibili su informazione corretta, oltre che sul Foglio)
LIBERO - Andrea Morigi : " Alle manovre anti-Iran ci siamo anche noi"

Andrea Morigi

In una regione immaginaria, la Costa del Tesoro, un Paese governato da una teocrazia, il Garnet, invade il suo vicino settentrionale, l’Amberland, che invoca un aiuto internazionale per respingere l’at - tacco. Ufficialmente, non c’è alcun riferimento a Stati, fatti o persone realmente esistenti. Sono soltanto le manovre militari che vanno sotto la sigla in codice Bold Alligator 2012. Stanno svolgendosi in questi giorni sulla costa atlantica fra la Virginia, la Carolina del Sud e la Florida e vi partecipano circa 20mila militari americani, oltre a britannici, olandesi, francesi, spagnoli, neozelandesi e australiani. In teoria è un’esercitazione tutta americana. Dove però, indicano fonti statunitensi, si stanno distinguendo particolarmente anche i nostri marò del Battaglione San Marco e il personale di staff della forza anfibia italiana. È uno sbarco in piena regola, con un attacco aereo e 24 navi da guerra, tra cui la portaerei Eisenhower, in appoggio. L’obiettivo è di «rivitalizzare, ridefinire e rinvigorire le capacità anfibie fondamentali e rinforzare il ruolo della Marina e dei corpi dei marines come “combattenti dal mare”». Impiegati nel deserto iracheno e sulle montagne afgane, per circa un decennio i marines sono rimasti fuori dal loro elemento originario, ma il ritiro graduale dai teatri operativi del Medio Oriente ha imposto un ripensamento generale della loro missione. Mentre i corpi speciali tornano alla loro vocazione, su larga scala lo stesso processo di ristrutturazione ha investito nel frattempo anche l’Alleanza Atlantica: ora si punta il mirino sull’Asia. Per i comandi generali impegnati, non è tanto una questione politica. Semmai strategica. E soprattutto tattica. Ci si prepara a combattere insomma. Perciò le uniche indicazioni concrete riguardano la minaccia potenziale sul teatro e sulle acque antistanti: mine, missili anti-nave e battelli. Tutte caratteristiche che, secondo gli analisti militari, sembrano ricalcare molto da vicino il dispiegamento delle forze navali iraniane a difesa del proprio territorio, soprattutto nell’ipotesi di una chiusura da parte iraniana dello Stretto di Hormuz, zona strategica per il passaggio delle petroliere. Nel caso in cui l’approvvigiona - mento energetico si interrompesse per volontà di Teheran, le previsioni di un attacco statunitense si farebbero molto, ma molto concrete. Che le manovre, iniziate lunedì scorso vicino alla base dei marines di Camp Lejeune e pianificate per una durata di dieci giorni, cioè fino al 14 febbraio, fossero puntate in realtà sul Golfo Persico, non è un segreto per nessuno. Perfino l’am - miraglio John Harvey, comandante della flotta statunitense, ammette che il progetto è «certamente ispirato dalla storia recente» senza negare la possibilità di una sua applicazione allo Stretto di Hormuz, così come ad altre aree. E probabilmente anche allo stato maggiore di Teheran ultimamente sono piuttosto frastornati. Altre manovre americane si sono svolte recentemente a poca distanza, sulle isole di Socotra e di Masirah, rispettivamente territori dello Yemen e dell’Oman. Attaccare l’Iran è la tendenza del momento. Israele non è l’unico che sta preparando le proprie forze armate. Ma anche a Washington non scherzano. Un attacco dell’aviazione di Gerusalemme contro gli impianti nucleari iraniani potrebbe essere accompagnata da un’operazione di terra, per neutralizzare la centrale atomica di Bushehr e le vicine basi navali. Quando il presidente Barack Obama ribadisce che «tutte le opzioni », compreso un intervento militare, «rimangono sul tavolo» di fronte al programma di arricchimento dell’uranio iraniano, non sta parlando soltanto di sanzioni economiche. Con la perdita della supremazia economica e dopo che Wall Street non appare più come il maggior centro finanziario del mondo, l’unico primato rimasto agli Stati Uniti, in fondo, è quello militare.

martedì 14 febbraio 2012

Ne vorrei un bel tir pieno...

Assaltare punti strategici e trasformare la guerra virtuale e a post in una sacrosanta rivolta sarebbe necessario  se non sufficiente in assoluto.
La guerra non piace ai più che preferiscono morire da pecore piuttosto che far sentire il proprio disperato disenso ma è l'unica maniera per ribaltare davvero un sistema che langue nella arricchimento di caste corrotte e nel menefreghismo nei confronti di chi vuole fare davvero.
 

Kalashnikov rinasce in versione 5/a generazione

Russia: Ak-47 sostituito da Ak-12, piu' sofisticato e maneggevole

Il nuovo Kalashnikov Il nuovo Kalashnikov
Kalashnikov rinasce in versione 5/a generazione MOSCA  - Il leggendario Kalashnikov tenta di sopravvivere all'usura del tempo e alle innovazioni della tecnologia rinascendo in una nuova e più sofistica versione di quinta generazione: l'Ak-47 sarà sostituito dall'Ak-12, il cui prototipo è stato presentato nella fabbrica di Izhvesk, sugli Urali, davanti alle telecamere della tv. Per realizzarlo sono state usate dieci nuove tecnologie che ne hanno migliorato le prestazioni. Il Kalashnikov resterà un'arma semplice ("utilizzabile anche da una persona monca di un braccio", come ha sottolineato il direttore generale dell'azienda Maxim Kusiuk) ma sarà ancora più precisa, affidabile e resistente, con un calcio telescopio ritraibile, un caricatore inseribile sul lato sinistro per i mancini, un visore notturno, la possibilità di sparare un colpo singolo, tre colpi in serie o a raffica.

L'Ak-12 sarà quasi indistruttibile, resistente a urti e cadute, nonché a temperature estreme (-54 nella prova fatta vedere su tv Vesti 24). L'arma verrà collaudata quest'anno e, dopo il certificato statale, verrà messa in produzione, in particolare per l'estero. Nuova icona delle rivoluzioni nordafricane, lo scorso autunno il vecchio Ak-74 era stato mandato in pensione in Russia, dove fu inventato nel 1947 da Mikhail Kalashnikov e dato ininterrottamente in dotazione prima all'Armata rossa e poi all'esercito russo. Il ministro della difesa russa aveva spiegato che non ne avrebbe più comprato perché ne aveva già troppi nei depositi ed era un'arma ormai superata. Usato dagli eserciti di 55 paesi di tutto il mondo e da innumerevoli formazioni di guerriglieri e terroristi, il fucile mitragliatore d'assalto Kalashnikov è pero ancora l'arma più utilizzata e popolare al mondo, prodotta nelle sue varie versioni in decine di milioni di esemplari, legalmente e illegalmente (in vari Paesi come Cina, Bulgaria, Romania e

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Una piccola differenza

Hamza Kashgari, Re Abdullah dell'Arabia Saudita

“Nel giorno del tuo compleanno non mi inchinerò davanti a te; di te amo alcune cose ma ne detesto altre, e sul tuo conto ci sono molte cose che non ho capito”
Cari amici, immaginate che qualche ragazzo ebreo scrivesse qualcosa dl genere sul suo blog il giorno della festa per il compleanno di Mosè o di Isaia o di Rabbi Akivà - feste che guarda caso, non ci sono. O che un ragazzo cristiano postasse una frase così su Facebook in occasione del compleanno di San Giovanni Evangelista o di San Paolo - e anche queste, per quel che ne so, non sono feste cristiane. E' abbastanza chiaro: non sarebbe successo proprio niente. Niente dal punto di vista religioso, credo: non mi sembra che tecnicamente si tratti di una bestemmia vera e propria, semplicemente di una certa insofferenza verso profeti e autorevoli uomini di fede. Niente soprattutto dal punto di vista civile. In Italia, esisteva fino a qualche decennio fa un articolo del codice penale, il 724, per cui "Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità [o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato], è punito con l’ammenda da lire ventimila a seicentomila." Comunque era un'ammenda e niente di più. Ma nel seguito le cose sono cambiate: la Corte costituzionale, con la sentenza 440 del 1995, ha dichiarate costituzionalmente illegittime le parole fra parentesi, per cui solo la bestemmia contro la Divinità e non quella contro "i simboli o le persone venerate" è rilevante. Poi è intervenuto il decreto legislativo 57 del 1999 che punisce la bestemmia con la sanzione amministrativa pecuniaria da 51 euro a 309 euro: si parla di “sanzione amministrativa pecuniaria”, e non più di “ammenda”; si sottolinea cioè il fatto che bestemmiare non sia più reato, ma solo illecito amministrativo. (http://www.fulminiesaette.it/modules/news/article.php?storyid=1077). In ogni caso, la frase riportata sopra difficilmente si può dire propriamente bestemmia, perché è educata, non contiene insulti, non dissacra affatto la divinità, semplicemente esprime un atteggiamento di dubbio e di indipendenza di pensiero.
In posti più liberali di noi, anche se più autenticamente religiosi, come gli Stati Uniti, non esiste il reato di bestemmia, e neppure l'illecito amministrativo, perché sarebbe incostituzionale, limitando la libertà di pensiero (http://it.wikipedia.org/wiki/Bestemmia). In Gran Bretagna c'è stata qualche condanna a morte per blasfemia, ma bisogna dire che l'ultima risale al 1697 contro Thomas Aikenhead  (http://en.wikipedia.org/wiki/Blasphemy). Oggi i posti in cui il reato di blasfemia è presente e grave sono i paesi islamici, e in effetti c'è stata una continua pressione da parte loro perché le organizzazioni internazionali imponessero la condanna non solo degli insulti alla divinità, ma anche alla "diffamazione delle religioni". L'assemblea dell'Onu, dominata da una sistematica maggioranza islamico-terzomondista, ha passato diverse risoluzioni in questo senso (http://en.wikipedia.org/wiki/Blasphemy_law).
Ora, come forse avete capito da subito, si dà il caso che il disgraziato ragazzo che ha scritto le frasi citate all'inizio sul suo account di Twitter si chiami Hamza Kashgari e sia suddito (non certo cittadino, nel senso proprio del termine) dell'Arabia Saudita. Dopo aver avuto l'idea spiritosa di postare questo pensierino in occasione del compleanno di Maometto, Hamza ha ricevuto oltre 30 mila minacce di morte via internet. "Nonostante il ragazzo, che ha 23 anni, si sia affrettato a cancellare i suoi tweet e a scusarsi con la blogosfera la situazione è rapidamente degenerata. Sulla rete sono cominciati a girare video contro di lui, su Facebook 16mila persone si sono iscritte alla pagina che ne chiedeva l’esecuzione e il ministero dell’Informazione ha cancellato la sua rubrica sul quotidiano Al-BIlad  e proibito anche agli altri media di pubblicare il suo lavoro. E non basta.  L’imam Nasser al-Omar, lo stesso che all’epoca invocò una “fatwa” contro i musulmani che vedevano il Mondiale di calcio, ha chiesto in lacrime che il blogger venga processato per apostasia, che in Arabia Saudita viene punita con la pena di morte." (http://lepersoneeladignita.corriere.it/2012/02/12/amnesty-non-estradate-il-blogger-saudita-che-ha-twittato-su-maometto/). A questo punto il giovanotto ha capito che era seriamente in pericolo, ha preso il primo aereo e ha cercato di scappare verso la Nuova Zelanda. Per sua disgrazia però l'aereo ha fatto scalo in Malesia, un paese islamico, che ufficialmente sarebbe moderato. Ma, per ragioni teologiche o per la pressione dell'Arabia, a quanto pare su volontà dello stesso re Abdulah, gli eredi dei pirati di Mompracem non ci hanno pensato due volte: hanno preso il terribile peccatore saudita, l'hanno impacchettato senza processo e l'hanno rispedito a casa, dove corre il serio rischio di farsi staccare la sua testa blasfema dal corpo con un bel corpo di scimitarra.
E' una storia proprio brutta, che però non è affatto isolata. Provate a entrare in Arabia Saudita con una croce al collo e una bibbia in valigia e vedrete che cosa vi capita - non dico coi simboli dell'ebraismo, nessuno sarebbe così pazzo da andare nel territorio della penisola arabica, dove lo stesso Maometto mille e quattrocento anni fa ha iniziato la pulizia etnica delle tribù ebraiche che vi abitavano da un millennio almeno. Ma i turisti israeliani che si sono avventurati in Giordania (ufficialmente in pace con Israele) portandosi dietro i teffillin, cioè quelle scatoline di cuoio legate da stringhe che gli ebrei osservanti indossano la mattina per pregare, o i tallit, i manti da preghiera, se li sono visti sequestrare e sono stati respinti - non in quanto israeliani, ma in quanto ebrei. Ecco, al di là di tutte le dinamiche storiche, questa è una delle differenze più importanti (insieme alla condizione femminile ecc.) fra civiltà occidentale e islamismo: il fatto di poter pregare a modo tuo e di poter anche esprimere educatamente i propri dubbi religiosi. E' una piccola differenza, ma forse non priva di senso...
Ugo Volli

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Stato ladro anche al volo...

Ryanair, l’Unione Europea e le tasse italiane

Quale è la seconda compagnia italiana, ormai grande quasi quanto Alitalia? L’irlandese Ryanair. Che sia irlandese vi sono pochi dubbi, dato che la società ha la propria sede in Irlanda, a Dublino precisamente.
Non la pensa così lo Stato italiano che ha intimato la compagnia guidata da Micheal O’Leary di pagare 12 milioni di euro perché i dipendenti sarebbero a tutti gli effetti da considerarsi italiani, nonostante abbiano firmato un contratto a Dublino alle condizioni salariali irlandesi.
Era già successo in passato alla compagnia irlandese di doversi scontrare con qualche Stato. Lo scontro più famoso è quello con la Francia per l’aeroporto di Marsiglia, dove i francesi volevano che i dipendenti Ryanair avessero il contratto di lavoro ai costi e i diritti del paese transalpino.

In quel caso O’Leary minacciò di andarsene dal sud della Francia e non è un caso che Ryanair in Francia abbia una presenza abbastanza limitata. Così non è in Italia, dove trasporta oltre 22 milioni di passeggeri l’anno e nello scalo di Bergamo i clienti sono più di 7 milioni.
I dubbi su questo episodio sono molti dato che una compagnia aerea ha sempre avuto la propria sede a Dublino e che opera ormai da oltre un decennio nel nostro Paese. A Bergamo, città dello scontro, è dal 2003 che il vettore low cost più importante d’Europa ha aperto la sua base.
Se l’Italia vuole diventare come la  Francia nel trasporto aereo forse è bene ricordare alcuni dati:
- l’Italia dal momento della liberalizzazione ha quasi colmato il gap di passeggeri nei confronti della Francia che storicamente ha sempre avuto.
- Il numero di passeggeri internazionali intra-UE (mercato liberalizzato) dell’Italia è ormai superiore a quello della Francia.
- Il campione nazionale AirFrance incontra gravi difficoltà e chiuderà con oltre 1 miliardo di euro di perdita.
Il “problema” relativo ai contratti di lavoro è che in Irlanda la tassazione è molto meno elevata, meno della metà di quella italiana e i contratti di lavoro sono molto più flessibili.
Se la compagnia è da considerarsi irlandese a tutti gli effetti è normale che i propri dipendenti abbiano condizioni irlandesi. Oltretutto molti dipendenti Ryanair hanno una mobilità molto elevata e che passano poco tempo in Italia, per poi andare verso altre basi europee. Le basi sono ormai 50 e Ryanair è una vera compagnia europea che ha saputo svilupparsi grazie alla sua flessibilità.
Flessibilità che ad esempio ha permesso di aprire oltre una trentina di rotte dall’aeroporto di Budapest in solo 2 settimane dal fallimento dell’operatore di bandiera Malev.
Un record di velocità per organizzare personale, aeromobili, offerte commerciali e slot aeroportuali che solo la compagnia irlandese sembra essere in grado di avere. Il prossimo anno è previsto che da e per Budapest Ryanair trasporterà 2 milioni di passeggeri.
È indubbio che Ryanair sia una spina nel fianco di molti Governi europei perché ha sempre messo in crisi l’idea di “politica dei trasporti”.
A Bergamo nessun politico aveva previsto che lo scalo di Orio al Serio diventasse il quarto per importanza in Italia nel giro di meno di 10 anni dall’entrata impetuosa delle low cost. Molto spesso i politici amano fare piani “aeroportuali” o di “trasporto” che non hanno nulla che vedere con il mercato.
Ryanair è una compagnia di mercato che cerca di sfruttare le occasioni laddove si presentano. Come nel caso dei sussidi da parte degli aeroporti regionali.
Detto che il problema non si presenterebbe se gli aeroporti non fossero in mani pubbliche, quando è controllato da azionisti pubblici bisogna distinguere se la società di gestione aeroportuale è profittevole o meno.
Se è profittevole, fare una scontistica è del tutto legittimo perché rientra nel range delle azioni commerciali: questo è il caso di Bergamo ad esempio. Se l’aeroporto pubblico produce perdite e la compagnia riceve aiuti per lo sviluppo di nuove rotte, è un aiuto di stato vero e proprio e come tale deve eliminato. L’errore è tuttavia solo politico.
Sembra quasi che l’Unione Europea funzioni a fasi alterne; quando c’è da far pagare le tasse non esiste un minimo di competizione fiscale.

FONTE: http://www.chicago-blog.it/2012/02/10/ryanair-lunione-europea-e-le-tasse-italiane/#more-11557

venerdì 10 febbraio 2012

conscere le radici di cio che è avvenuto per capire chi e cosa siamo...

La “giornata della memoria”, purtroppo, si è rivelata anche quest’anno oggetto di enormi strumentalizzazioni. Lo ho potuto sperimentare perché alcuni miei alunni sono partiti con il “treno della memoria”, promosso dall’associazione piemontese “Terra del Fuoco”, per visitare Cracovia e i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Quattrocentocinquanta ragazzi trentini, più altre migliaia da tutta Italia, per un viaggio di approfondimento storico che, se fatto in un certo modo, avrebbe anche il suo significato. Migliaia di ragazzi portati a visitare luoghi terribili, in cui l’umanità ha dato la peggior prova di sé. Ottima idea, ma il Grillo parlante chiederebbe: a spese di chi? E per quale fine? Purtroppo sono domande che occorre porsi, perché solo gli ingenui ignorano la celebre frase di Orwell: “Chi controlla il passato, controlla il presente”. Poiché persino i cani, difficilmente, scondinzolano gratis, la domanda è questa: chi mette i soldi, cerca forse anche un qualche ritorno? Il sospetto è, purtroppo, inevitabile: sul treno in partenza da Trento vi erano, oltre a rappresentanti della associazione organizzatrice, piuttosto orientata a sinistra, un politico in carica, di provenienza Cgil, un’altra politica, di provenienza Rifondazione comunista, membri dell’Anpi, solitamente piuttosto nostalgici del fulgido colore rosso… Date le premesse è lecito chiedersi: è giusto che dei politici divengano accompagnatori di giovani alla scoperta della verità storica? Sono i più competenti a farlo? Sono disinteressati? Difficile crederlo. Anche perché ciò in cui sono ancora maestri, comunisti ed ex comunisti riuniti sotto nuove sigle, è la propaganda con cui sono riusciti, sino a ieri, a spacciare l’Urss e l’est Europa come il “paradiso dei lavoratori”, mentre oggi sono capaci di parlare di dittatura cinese, birmana, bielorussa eccetera, senza mai neppure pronunciare l’aggettivo “comunista”. A che fine sono stati portati, dunque, con i soldi pubblici, migliaia di giovani in Polonia? Ho detto ai miei ragazzi: “Sarebbe stato certamente un viaggio utile, se vi avessero spiegato davvero cosa è stato il nazionalsocialismo. Cioè un miscuglio micidiale di tutte le moderne dottrine anticristiane: hegelismo, materialismo ateo, darwinismo sociale, razzismo ‘scientifico’, positivismo, riduzionismo biologico… Se vi avessero parlato dell’eugenetica e del programma eutanasico hitleriano, e avessero sottolineato quanto siamo debitori al nazismo, noi, oggi, quando selezioniamo i feti malati, alla ricerca del figlio perfetto, e quando facciamo i protettori del panda, innalzando gli animali al livello degli uomini e abbassando nel contempo gli uomini al livello degli animali. Sarebbe stato un viaggio utile, se gli accompagnatori vi avessero ricordato che poco più in là di Cracovia ci fu, accanto e insieme all’occupazione nazista, quella comunista; se vi avessero accennato ai terribili misfatti di Katyn e alla propaganda con cui per decenni i comunisti addossarono la colpa a chi non la aveva; se vi avessero raccontato come, poco più a ovest, nella Germania orientale, il terribile e satanico dominio nazista fu presto sostituito dal bolscevismo omicida, dalla tirannia di Mosca e della Stasi, sino al crollo del Muro di Berlino. Sarebbe stato utile, ancora, se vi avessero ricordato che i campi di concentramento di Hitler, sono nati sull’esempio di quelli, antecedenti, sovietici; se vi avessero detto che ancora oggi, nella Cina comunista, la bandiera rossa è sinonimo di campi di lavoro, detti Laogai, in cui muoiono di stenti milioni di persone”. “Invece – ho concluso – nessuno vi ha detto nulla, o quasi, di tutto questo”, e ho visto, guardando i loro volti, che avevo indovinato. Sì, in Italia è ancora tabù raccontare i fatti come sono andati veramente. Si scrive tanto sul nazismo, e si fanno dei gran film, spesso più per cancellare e sminuire gli orrori del comunismo che per stigmatizzare e comprendere davvero il mostro hitleriano. L’effetto è assicurato, “destra” è per la gran parte delle persone, ancora, sinonimo di nazismo e di lager, mentre “sinistra” significa libertà, bene, giustizia… Se vogliamo una memoria vera, condivisa, che serva a qualcosa, finiamola con i treni organizzati da associazioni di parte; basta politici su questi treni; basta soldi investiti non per la verità, ma per il tornaconto elettorale. Solo allora gli italiani potranno avere chiaro che nazismo e comunismo sono stati mostri gemelli, due fratelli che si sono sorretti e giustificati a vicenda. Entrambi figli della statolatria moderna e del riduzionismo materialista, entrambi portatori di un pensiero antitetico a quello biblico; entrambi fondati sull’ideologia, sul culto del partito e del leader. In qualche aspetto diversi, certamente, ma alleati persino, come dimostra il patto Ribbentrop-Molotov, nel divorare la Polonia prima, e nello scatenare l’orrore senza fine della II guerra mondiale, poi.

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