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domenica 5 febbraio 2012

Buonisti e pacifisti pronti a suicidarsi pur di non essere uccisi

... Mi viene in mente una storia. Quella di Hermann Cohen, uno dei massimi filosofi della Germania guglielmina, fondatore della scuola neokantiana di Meburg, maestro di Cassirer, persona ammodo, grande intellettuale europeo. Cohen pubblicò nel 1919 un libro famosissimo e tradotto in molte lingue  (Religione della ragione dalle fonti dell'ebraismo (Die Religion der Vernunft aus den Quellen des Judentums), in cui spiegava che la religione ebraica era un'ottima anticamera al kantismo (e in definitiva al luteranesimo). Che Kant fosse stato spesso e volentieri antisemita, come del resto tutta la tradizione luterana, non lo preoccupava molto: quello era il modello della modernità e l'ebraismo rispettabile doveva abbandonare le sue ubbie teologiche per affermarsi "nei limiti della ragione"). Fece di più: nel 1915, in piena guerra mondiale, fece uscire " Deutschtum und Judentum" (Ebraismo e Germanicità), un libro in cui in sostanza spiegava che la Germania era la nuova terra promessa dell'ebraismo, che il modo migliore di essere ebrei nel suo tempo era farsi integralmente tedeschi. E coerentemente un anno dopo scrisse un appello agli ebrei americani perché evitassero di combattere con il loro paese contro la Germania, perché avrebbero commesso in questa maniera un fratricidio. Dopo pochi anni Hitler prese il potere in Germania, Cohen morì prima ma la sua famiglia fu sterminata nei campi. Non fu una sorpresa, il movimento antisemita era dilagante in Germania da decenni, ma Cohen "come ebreo" scelse di non vedere. Anzi volle fortissimamente credere che ebraismo e germanicità fossero la stessa cosa.

Vi è un'illusione sotto l'atteggiamento di Cohen come quello delle persone perbene dentro JCall e il pacifismo ebraico: che se gli ebrei si comporteranno bene, anzi diventeranno un  modello di etica, se assumeranno la morale dei loro nemici, se baderanno con cura a non tutelare la loro incolumità, a rifiutare la loro specifica identità, saranno apprezzati o quanto meno lasciati in pace. Si tratta di una difesa psicologica dalle persecuzioni. Se immagino buoni i miei persecutori, se mi attribuisco la colpa dell'odio altrui (o magari la scarico agli "altri" ebrei, ai "coloni", ai "nazionalisti", agli "ultraortodossi", agli ebrei orientali immigrati in Germania, ai "tifosi da curva sud", al governo "di estrema destra"), allora posso sperare che correggendomi (o sconfiggendo gli "estremisti" o magari distinguendomi da loro) posso essere lasciato in pace. Essere buoni, in quest'ottica è rifiutare "come ebrei" le "colpe" dell'ebraismo, denunciare il "peccato originale" della nascita di Israele, rifiutare le "superstizioni" della religione ebraica in favore della "pura ragione", aborrire i "nazionalisti" che pretendono di difendersi con le armi invece di porgere l'altra guancia, mostrarsi il più "universali" possibile, così universali da non avere più assolutamente nessun colore, nessuna identità, nessuna definizione. Mimetizzarsi, definirsi solo come esseri morali, sparire, maigare suicidarsi per non essere uccisi.

Ugo Volli

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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