guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

sabato 30 novembre 2013

PINOCHET FU UNA FORTUNA PER IL PAESE

Il sistema scolastico cileno dei "Los Chicago boys" funziona
E primeggia in tutto il Sud America
Parlare del sistema educativo cileno vuol dire scontrarsi con la controversa esperienza della dittatura imposta dal generale Pinochet in quel Paese. E affrontare le politiche dei regimi autoritari significa entrare in un terreno minato in cui è facile suscitare la riprovazione dei benpensanti.

Ad ogni modo, da un punto di vista liberale diventa difficile mettere in cattiva luce alcune riforme volute da Pinochet durante il suo "regno". Perché, ad esempio, la riforma del sistema previdenziale adottata in Cile è un esempio di come dovrebbero essere gestite le pensioni senza ricorrere alla mano pubblica e lasciando libertà di scelta ai cittadini. "Los Chicago boys" (così erano definiti quegli economisti cileni che misero mano ad una serie di riforme liberiste negli anni di Pinochet), tra i quali figurava anche José  Piñera (l'autore della riforma pensionistica appena richiamata) hanno cambiato la struttura economica del Paese, che dal pericolo di una socializzazione forzata è passato a effettive misure che hanno privatizzato diversi settori economici e non del Cile.
Anche il settore educativo cileno ha visto l'applicazione di un punto di vista liberista, proprio agli sgoccioli della permanenza di Pinochet come "deus ex machina" del Paese. Infatti, la legge che in questi ultimi anni ha suscitato numerose polemiche e che dovrebbe essere sostituita in tempi brevi è datata 10 marzo 1990, un giorno prima cioè che il generale cedesse parte dei suoi poteri per rimanere unicamente a capo dell'esercito.

Tale legge è la Legge Organica Costituzionale d'Insegnamento (Ley Orgánica Constitucional de Enseñanza, LOCE), una tra le norme più importanti che regolano l'istruzione in Cile, insieme agli specifici articoli della Costituzione e ad altri provvedimenti legislativi.
Come detto, la LOCE non affronta tutte le questioni legate all'istruzione cilena, ma intorno al dibattito nato in questi anni per sostituirla si è arrivati a mettere in discussione tutto un sistema educativo. E allora, dalle singole parti contestate contenute nella legge la discussione è passata ben presto al ruolo che lo Stato e i privati debbano avere per ciò che attiene l'istruzione.

Ridotta ai minimi termini, la LOCE stabilisce solamente i requisiti minimi che devono essere rispettati a livello educativo, le norme che permettono allo Stato di vigilare intorno alla applicazione di questi standard minimi e i requisiti per il riconoscimento ufficiale degli istituti scolastici. Ma la rivoluzione dei pinguini del 2006 (così è stata chiamata la protesta degli studenti) oltre a reclamare a gran voce la soppressione della LOCE ha portato avanti una serie di rivendicazioni per una riformulazione del sistema educativo cileno, in senso maggiormente egualitario e per un più ampio intervento dello Stato. Inoltre, sono state avanzate proposte per la "demunicipalizzazione" del sistema e per rendere impossibile il perseguimento del profitto, oltre alla richiesta di un maggior apporto fiscale dello Stato, e a misure più mirate come il trasporto pubblico gratuito per gli studenti.
In Cile esistono tre tipi di scuole: pubbliche (amministrate dai governi locali), private (di fondazioni, ordini religiosi, ecc), e "sovvenzionate" (ovvero scuole statali ma amministrate da privati). L'introduzione del decentramento e dell'autonomia, ha permesso una certa libertà degli istituti sia per quanto riguarda i programmi didattici che per gli aspetti amministrativi ed economici.

Nel 2007 è stata avanzata una proposta di legge (la Legge Generale sull'Educazione - Ley General de Educación, LGE) per sostituire la LOCE. Voluta dalla presidente Bachelet, la legge è andata incontro alle esigenze degli studenti ma non quanto per loro avrebbe dovuto, perché dopo la presentazione del progetto di legge le proteste sono riprese e hanno segnato anche questi ultimi mesi della vita politica e sociale del Cile. La LGE cerca di mantenere un equilibro tra la libertà educativa e il diritto di accesso all'istruzione di tutti i cittadini. Il punto più importante riguarda proprio la possibilità degli studenti di accedere senza discriminazioni all'istruzione scolastica pur mantenendo in piedi la libertà di aprire e di organizzare in autonomia le singole scuole.

Questo infatti è ciò che caratterizza maggiormente il sistema cileno: l'importante presenza dei privati nella proprietà e nella gestione degli istituti scolastici. Ciò che viene modificato dalla LGE è il ruolo "regolatorio" dello Stato, che interverrebbe maggiormente per definire le modalità di accesso, gli standard qualitativi e i criteri minimi per il riconoscimento di nuove scuole. La LOCE, infatti, pone un numero di limiti, ad una qualsiasi persona che intenda fondare una scuola, inferiore rispetto alla proposta contenuta nella LGE. Quest'ultima riduce poi il numero di soggetti che possono far nascere nuovi istituti, vietando la finalità del lucro per chi volesse intraprendere questa strada. Ma non viene intaccata la concorrenza fra istituti pubblici e privati.

Sta di fatto che il sistema educativo cileno risulta essere, da un punto di vista statistico, uno dei migliori del Sudamerica. Il metodo di valutazione PISA del 2006 ha infatti certificato come gli studenti del Cile abbiano conseguito i risultati migliori nel test di scienze, nella prova di lettura e il secondo posto nella prova di matematica tra tutti i Paesi sudamericani. A livello universitario, secondo una classifica stilata dal Times, due università hanno fatto registrare un discreto piazzamento: la Pontificia Università Cattolica del Cile e l'Università del Cile sono infatti fra le migliori del Sudamerica.

Inoltre va rilevato come il sistema educativo cileno sia sostanzialmente universale. L'istruzione "basica" coinvolge il 99,7 per cento dei bambini tra i 6 e i 14 anni, mentre quella "secondaria" vede la partecipazione dell'87,7 per cento degli adolescenti tra i 15 e i 18 anni. Tutto sommato dati non da buttare per un sistema che si dice essere iniquo e profondamente sbagliato.

da Con - Conservatori contemporanei
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mercoledì 20 novembre 2013

RICETTE PLUS

L'Italia ha un enorme vantaggio competitivo in termini di sviluppo e crescita: LA VALORIZZAZIONE  DEL FATTORE "Q" ( il patrimonio "Qlturale e artistico).
Esso può essere una leva efficace per sviluppare 
nuovi posti di lavoro, reputation e Immagine.

CAPRE AL COMANDO!

Il fallimento del Welfare modello Camusso e Fassina


Nell'Europa della crisi vincono quasi tutte le forze politiche che puntano ad allegerire uno Stato sociale fatto di troppe tasse e spesa pubblica, per rilanciare un modello più liberale e meno opprimente per i cittadini.  
Una lezione che il Pd non ha capito. 

Sui risultati post-elettorali stiamo assistendo in questi giorni ai commenti più disparati e ne avremo per molti mesi a venire.
Inutile, dunque, soffermarsi su tematiche quale "rischio ingovernabilità, accordo Pd-Pdl, Grillo contro Bersani". Tutti i media ne parlano già abbastanza.
C'è invece un aspetto che noi di Libero Mercato, orfani di una forza politica credibile, vorremmo sottolineare e che è rimasta un pò a lato rispetto alla scena politica principale: il fallimento elettorale di un modello di sinistra ormai desueto
Il Partito Democratico ha sicuramente sofferto di una mancanza di leadership del suo segretario, e chissà quale sarebbe stato il risultato se alle primarie fosse emerso un profilo più moderno e combattivo come quello di Matteo Renzi
A pesare sull'esito negativo delle urne è stata inoltre la visione di politica economica del Pd, troppo schiacciata sulle idee del responsabile Stefano Fassina ed appiattita sulle posizioni "conservatrici" della Cgil di Susanna Camusso, consacrata all'alleanza con la sinistra di Nichi Vendola.
In Europa quasi tutte le elezioni tenutesi all'indomani della crisi, ad eccezione della Francia,  hanno visto soccombere le piattaforme programmatiche basate su un welfare di stampo novecentesco, un mix depressivo di tasse, spesa pubblica e statalismo, con pochi riferimenti agli indispensabili tagli dei costi alla pubblica amministrazione
Bersani avrebbe dovuto guardare ai risultati elettorali in Irlanda, Spagna, Portogallo e Grecia prima di presentarsi con una compagine di post-socialisti, in un paese già martoriato da una pressione fiscale al 45,3%.
La difesa del tradizionale modello di Stato Sociale europeo in contesti di mercati sempre più globali, prevede costi eccessivi e non può durare ancora a lungo senza l'avvento di profonde e radicali riforme.
Anche la Svezia, esempio classico di socialdemocrazia ben organizzata, ha rinnovato il mandato ad un premier "conservatore" impegnato però su un programma di riduzione fiscale e tagli del welfare e spesa pubblica. 
Stesso discorso in Gran Bretagna per il promotore della "Big Society" David Cameroon
Mantenere un sistema attuale, con un basso grado di innovazione e crescita, ha bisogno di una fiscalità robusta per essere finanziato e francamente è un modello che non incontra molto successo al di fuori dell'Europa
Negli ultimi anni sempre più cittadini sembrano preferire i vantaggi di una pressione fiscale meno opprimente piuttosto che i servizi offerti da un livello costante di spesa pubblica, senza considerare che troppo spesso a tasse elevate non corrisponde purtroppo un'assistenza di qualità adeguata.
Una lezione che potrebbe servire per svecchiare il Pd, non solo anagraficamente, ma soprattutto sul fronte delle idee e delle proposte sul campo economico.
Non significa certo trasformare un partito di (centro) sinistra in una destra ultra-liberista, ma riformulare le offerte politiche per venire incontro ad una società che ha poca dimestichezza con il concetto di "lavoro dipendente", "contratto nazionale" e contributi pensionistici.
C'è invece un'intera generazione di giovani tenuti fuori dal mercato del lavoro e di piccoli imprenditori a partita Iva che aspettano che qualcuno si occupi seriamente dei loro problemi, favorendo lo sviluppo e l'insediamento sul territorio, l'avvio di nuove attività autonome attraverso un piano di de-fiscalizzazione, incentivi alle start-up, crediti d'imposta e agevolazioni per il finanziamento bancario.
Una fetta di popolo e di elettori, spesso moderati e lontani dall'immagine dei forconi di piazza, che Bersani ha voluto ignorare, consegnandoli alle braccia di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, ai quali si sono affidati per disperazione

FONTE:http://www.liberomercato.net/

mandiamo i fautori del burqa a giocare nei campi minati

" Burqa, una prigione per la donna "commento di Astrit Sukni
"Scusi signore, mia moglie dice che l'ha guardata"
"Mi scusi, pensavo che fosse la mia "
"Mia moglie non è che per i miei occhi....che cane, pensava che fossi sua moglie !"
"Omar, sono qui".



Burqa. Un cosiddetto abito femminile che copre testa, viso e occhi. Permette di vedere solo tramite una finestrella - chiamiamola pure grata, come quella delle cella di un carcere - che comunque lascia malamente vedere solo gli occhi . Un indumento violento che ingabbia il corpo femminile. Le donne afghane sono costrette a indossarlo sin dagli anni '70, perché così vuole la volontà di Allah ma anche quella degli uomini religiosamente fanatici, che costringono le donne a furia di frustate a 'obbedire'. Una religione retrograda le costringe a coprirsi anche se sul Corano nessuna sura lo prescrive. In Occidente sono arrivati milioni di arabi e musulmani in cerca di libertà e di democrazia. Sono fuggiti dalla miseria, ma hanno portato con sé il fanatismo religioso del fondamentalismo islamico. Nei loro paesi vige la dittatura fondamentalista islamica, ogni forma di laicità viene bandita. Portano le loro donne in Europa e le costringono a vestirsi come nei loro paesi d'origine perché qui la libertà di culto è garantita. In Italia la garantisce la costituzione, art 19 che recita: "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume." In nome della libertà di culto e di propaganda i musulmani costringono le donne a coprirsi del tutto e le tengono segregate dalla società. Le usano solo a fini riproduttivi. L'Imam di Segrate Ali Abu Shwaima dice che nessuna donna musulmana è costretta a coprirsi. Ma se il marito dice che deve coprirsi lei lo deve fare senza alcuna esitazione, pena il castigo sotto forma di violenza corporea. In Italia è vietato presentarsi in pubblico col il volto coperto, secondo la legge 152 del 1975, una legge non rispettata da quelle donne musulmane che escono per strada con il capo coperto, ma che non viene fatta rispettare nemmeno dalle istituzioni. Il burqa serve anche a coprire i segni di violenza che alcune donne musulmane sono costrette a subire per mano di mariti, fratelli e padri. Portare il burqa dovrebbe essere vietato come in Francia. In Italia invece non è così, lo dimostra la richiesta folle del pm milanese che ha chiesto un mese di carcere e una multa di 100 euro per Daniela Santanchè, che si era recata davanti a un luogo dove veniva festeggiato il fine Ramadan, e dove molte donne indossavano il burqa. In Italia diventa sempre più un problema manifestare il proprio pensiero contro l'Islam o l'islamismo in generale. Si viene tacciati di razzismo e islamofobia solo perché uno è in disaccordo con 'leggi' islamiche o/e con certe usanze medioevali che tuttora sono in vigore nei paesi islamici ma che purtroppo stanno prendendo piede anche in Occidente. In alcuni paesi come Inghilterra e Belgio sono già realtà. Gli imam fai-da-te sono pronti a puntare il dito dandoti dell'infedele e a ricordandoti che nessuna critica può essere mossa al Corano da un non musulmano. Allora che senso ha parlare di violenza sulle donne quando in Italia non siamo in grado di garantire la libertà delle donne oppresse da un indumento che le umilia e le imprigiona ?
P.S. Apprendiamo dalle agenzie che l'imam di Segrate ha lanciato una fatwa contro Daniela Santanché.
Scontro di civiltà? Noooooo 


Altro che misericordina ci servirebbe THATCHERINA in supposte!!


«A voi servirebbe un po’ di Thatcher»
Intervista a Lord Lawson, ex-ministro delle Finanze nel governo di Lady T
Per Lord Nigel Lawson, 81 anni, uno dei ministri più vicini a Margaret Thatcher, cancelliere dello Scacchiere per 6 anni, «lo Stato in Italia pesa troppo». Il modello Thatcher aiuterebbe, ma, dice, «il vostro sistema elettorale lo rende difficile».
Nigel Lawson, oggi Lord Lawson, 81 anni, è stato uno dei ministri più vicini a Margaret Thatcher, cancelliere dello Scacchiere (ministro delle Finanze) per sei anni, padre del Lawson Boom che accompagnò l’ultima parte degli Anni Ottanta britannici. E appena stato premiato, per i suoi meriti liberali, dall’Istituto Bruno Leoni.

Quando voi Conservatori prendeste il potere a Londra, nel 1979, la Gran Bretagna era in una fase di declino apparentemente irreversibile. Ma ribaltaste la situazione. Anche l’Italia ha bisogno di un Momento Thatcher?
«Sarebbe molto d’aiuto. I problemi dell’Italia non nascono solo da responsabilità sue: l’appartenenza all’eurozona non credo benefici l’economia, al contrario. Detto questo, lo Stato in Italia è troppo potente: costringe i tanti imprenditori e creativi che avete a combattere contro una forza fuori controllo. Un Thatcher Moment vi aiuterebbe ma credo che il vostro sistema elettorale lo renda difficile: è fondamentale potere governare per un periodo certo, dopo di che gli elettori decidono».

Andrebbero bene anche un Momento De Gaulle o Roosevelt?
«Credo che Thatcher sia l’esempio più rilevante perché più recente e più applicabile all’Italia: nel 1979, anche la Gran Bretagna era un Paese da salvare dal declino economico permanente».

I leader politici italiani soffrono di una sindrome da limite, sentono l’impossibilità di cambiare e abbassano ogni ambizione.
«Certo, in una democrazia ci sono limiti a quello che un governo può fare. Ma quasi sempre i politici si auto-limitano. Se sei coraggioso e agisci da leader puoi fare cose molto rilevanti.
Noi in dieci anni facemmo cose che fino a quel momento tutti ritenevano impossibili, a co mincìare dalla riforma delle leggi sui sindacati che bloccavano l’economia».

Da dove si comincia?
«La chiave sono le liberalizzazioni, l’apertura dell’economia, la deregulation. Deve essere chiaro che non è il governo a creare la crescita ma le imprese e gli individui. Rompere i monopoli, frenare il potere di veto dei sindacati, abbassare le tasse, liberare l’economia dagli eccessi di regole e di burocrazia. 11 tutto unito alla disciplina del bilancio pubblico».

La Gran Bretagna è di fronte a scelte importanti. Iniziamo dall’economia e dal primo ministro David Cameron.
«Cameron ha fatto errori, ma sull’economia il governo ha avuto successo nel mantenere il cosiddetto Piano A, cioè la riduzione del deficit pubblico attraverso meno spesa. Aveva ereditato un debito pubblico e un debito delle famiglie troppo alti, ma ora la fiducia è tornata, l’economia ha buone prospettive, migliori che nel resto d’Europa».

Il Regno Unito terrà un referendum sulla sua permanenza nell’Unione Europea, ha promesso Cameron.
«Ha fatto bene, la gente deve potere decidere.
E spero che decida di uscire dalla Ue. L’introduzione dell’euro ha cambiato strutturalmente l’Unione Europea anche per chi, come noi, non fa parte dell’eurozona. A questo punto, o sei interamente dentro o sei interamente fuori».

Il settimanale Economist dice però che la Great Britain, così facendo, diventerà una Little England.
«L’Economist è tendenzioso. In realtà, rischiamo di diventare la Little England se restiamo dove siamo. Dobbiamo invece puntare a essere la Global Britain: il punto di riferimento dei Paesi emergenti in Occidente. Possibilità molto reale e già in atto grazie all’internazionalità della City di Londra, ai rapporti storici con l’India e l’Africa, a Hong Kong che ci dà un’esposizione alla Cina. Londra è già una global city, più di qualsiasi altra. Non so però se al referendum i britannici voteranno per abbandonare la Ue: temo di no, cambiare è sempre faticoso».

Anche la Scozia terrà un referendum, per diventare indipendente.
«Non credo deciderà di staccarsi dal Regno Unito. Tra l’altro, se lo decidesse, ci vorrebbero anni per risolvere le questioni legali e pratiche.
Ma spero che si raggiunga un compromesso su un maggiore grado di autonomia per gli scozzesi».

Da Corriere della sera, 14 novembre 
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