guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

giovedì 24 novembre 2011

mandare a casa l'esercito in Egitto solo un' operazione destabilizzante per tutti!

l GIORNALE - Fiamma Nirenstein : "Troppa fretta e troppe insidie. In Egitto il voto è un pericolo "

Fiamma Nirenstein

I militari hanno dominato l’Egitto per cinquemila anni, figu­r­iamoci se adesso hanno intenzio­ne di abbando­nare il potere.
Senza entra­re nelle finezze etno- storiche per cui forse gli egiziani di oggi non sono pro­prio gli egizi di ieri, tuttavia in­sieme ai farao­ni di cui ci sono rimaste vivide pitture e statue, appaiono sem­pre cerimonio­si generali, di cui ci sono rima­sti nomi e noti­zie. Al tempo nostro, Nasser era un militare, come Sadat e Mubarak e die­tro di loro si so­no sempre in­t­raviste solide fi­gure marziali di supporto. Tantawi, oggi energico gene­rale 76enne, era sodale di Mubarak, e adesso che la folla in piazza Tahrir ne urla con odio il no­me, resiste gal­leggiando sul caos: ma se anche lui cade sotto la spinta della piazza, il futuro sarà peggiore.
Le elezioni parlamentari che si devono tenere lunedì per il parla­mento in una selva di norme in­comprensibili dureranno fino a gennaio, con tempi lunghi per i brogli più che per la riflessione; in­tanto si deve disegnare la Costitu­zione e le elezioni presidenziali. Ma quando? Il primo accordo dice non prima del 2013, ma già lo si contesta. E quando la Costituzio­ne? Prima, dopo le elezioni presi­denziali? I militari dicono prima, la folla il contrario, e vuole intanto anticipare l’elezione del presiden­te per cacciare i militari. Tantawi ha fatto varie mosse da gettare nel­le fauci del popolo infuriato, prota­gonista oggi di una rivoluzione di­versa da quella di febbraio che era densa, oltre che di povera gente sfruttata, di laici stanchi della ditta­tura, di professionisti, di studenti, di bloggers. Ormai è sovrastante la componente islamista (a sua volta in lotta al suo interno, fra Fratellan­za Musulmana e salafiti) che, rior­ganizzatasi dopo i divieti di Muba­rak, ora si batte contro l’imposta­zione laica della Costituzione. La protesta nata venerdì e a cui l’eser­cito ha risposto sparando, aveva avuto come spunto il testo del Pri­mo Ministro Al Selmy (ora dimes­sosi) per la nuova costituzione: non prevede nessun controllo par­lamentare dell’esercito, quindi gli dà un potere assoluto;dà all’eserci­to­il potere di definire le minacce al­la sicurezza, comprese quelle civi­l­i, quindi preoccupa la Fratellanza Musulmana; decide che devono essere due terzi del Parlamento ad approvare la commissione che sta­bilisca definitivamente chi scrive la Costituzione, quindi i tempi di­ventano egizi. La folla ha ottenuto che, oltre a far dimettere tre ministri, Tantawi anticipi a giugno le elezioni presi­denziali. Ma non sappiamo se que­­sto placherà la piazza: i laici hanno interesse a creare caos perché non sono pronti a gestire la situazione politica, i religiosi perché vogliono rovesciare il potere militare che li tiene a bada rispetto alle aspettati­ve di introdurre in Egitto la sharia. Dunque, le elezioni, né quelle di lu­nedì né quelle presidenziali rap­presentano una soluzione. Quan­do George Bush nel 2006 insistette perché Hamas partecipasse alle elezioni, questo portò alla costru­zione di uno staterello terrorista, Gaza. I militari sanno che le elezio­ni dovrebbero creare, oggi come oggi, un Parlamen­to protetto, men­treunacommissio­ne parlamentare avvia la strada per un potere esecuti­vo in cui i diritti civi­li e religiosi venga­no rispettati, le donne salvaguar­date, la pace con Israele mantenu­ta. Insomma, le elezioni non sono una garanzia, quando si pensa che l’Alleanza Musulmana può,secon­do le previsioni, prendere il 40 per cento dei voti. Dunque, rallentare, prego, non si gioca con l’Egitto, il paese arabo più importante.
www.fiammanirenstein.com
Il FOGLIO - " Il problema in piazza della Fratellanza "

Fratelli Musulmani

Il Cairo, dal nostro inviato. La notizia, tenuta nascosta, è che un rappresentante della Fratellanza musulmana avrebbe partecipato alla riunione d’emergenza tra governo e militari del 21 novembre per decidere che cosa fare durante la seconda rivoluzione scoppiata a piazza Tahrir – entrata ieri nel quinto giorno di scontri violenti. Sarebbe la prova che la Fratellanza sta orchestrando la crisi assieme al Consiglio supremo dei militari: i vincitori probabili delle elezioni parlamentari che iniziano martedì prossimo vanno a braccetto con i militari che detengono il potere. La concessione più grande fatta due giorni fa dal capo dei militari, il generale Tantawi, al paese durante il suo discorso tv è l’annuncio di elezioni presidenziali entro il giugno 2012, e non più nel 2013 come ormai si credeva. E’ un favore alla Fratellanza: più le presidenziali sono ravvicinate, più la loro organizzazione prevarrà sulla disorganizzazione e l’inesperienza dei partiti rivali. E sarebbe anche la prova dell’alleanza: aiutateci a navigare la crisi – è l’offerta dei militari – e possiamo accordarci sul resto. Questo spiega la rabbia della piazza contro i Fratelli, percepiti come abili manipolatori. Un loro rappresentante, Beltagi, uno dei più vicini ai giovani e ai manifestanti, è stato cacciato a forza da piazza Tahrir quando ha tentato di arringare la folla. La Fratellanza nella sua doppia identità, l’organizzazione e il partito, ha annunciato che non partecipa alla manifestazione permanente di piazza Tahrir con motivazioni vaghe come “non vogliamo creare problemi al traffico” o “abbiamo a cuore la stabilità del paese”. “L’85 per cento degli egiziani è d’accordo con noi, bisogna evitare il bagno di sangue”, ha dichiarato con un comunicato emesso nel momento peggiore, nella serata di domenica, mentre le forze di sicurezza uccidevano almeno una ventina di manifestanti. Ieri l’imam di al Azhar, autorità religiosa per i Fratelli e per il mondo islamico, ha chiesto alla polizia di non sparare “per nessun motivo”. Molti Fratelli e molti salafiti si sono presentati spontaneamente e stanno partecipando agli scontri. Li si vede con la barba senza baffi e l’orlo dei calzoni alto – come prescrive la regola dei duri e puri – in mezzo ai giovani metropolitani che costituiscono il nucleo più numeroso e attivo delle proteste. “Sì, sceicco, le ragazze sono in jeans e senza velo, ma sono coraggiose, ci stanno dando una mano”, può capitare di sentire dire al telefonino. Ma la leadership è sbilanciata verso il governo e lo status quo, esattamente come lo era a gennaio, quando rifiutarono di intevernire in piazza, nonostante ora siano i maggiori beneficiari di quei moti. In parallelo a loro si muovono i partiti salafiti, una galassia di sei gruppi che si è staccata dal cartello elettorale con i Fratelli ma che continua a replicare ogni loro mossa. E’ come se ci fosse uno scollamento tra la base, che reagisce ai soprusi dei generali, e i vertici, che seguono schemi opportunistici e hanno ormai una sola cosa in mente: il traguardo elettorale. E’ questo malessere che ha portato alla rottura fra molti Fratelli più giovani e i quadri dirigenti, una delle tante fratture sofferte dall’organizzazione da quando è uscita dalla clandestinità e ha dovuto affrontare la luce del mondo reale nel dopo Mubarak. Resta da vedere se questo modo di procedere senza mai allarmare la maggioranza silenziosa sarà vincente ancora a lungo: per ora tutti i cambiamenti importanti al Cairo sono stati ottenuti dalla minoranza non inerte.
LIBERO - Carlo Panella : " L'Egitto punta sull'uomo dell'atomica iraniana"

Carlo Panella

Quinto giorno di scontri al Cairo, altri tre morti, almeno (per un totale di più di quaranta), migliaia di feriti e una sola verità: la polizia, il governo, la Giunta militare stanno facendo di tutto nonper chiudere la protesta,ma per attizzarla, renderla permanente, in modo da avvelenare le elezioni che si terranno lunedì prossimo e far vedere plasticamente al Paese che l’unica soluzione non è la democrazia, ma la tutela autoritaria sull’Egitto da parte della Giunta militare guidata dal feldmaresciallo Hussein Tantawi, che per decenni è stato il fedele braccio destro di Hosni Mubarak (per poi tradirlo e deporlo lo scorso febbraio, nell’evi - dente tentativo di sostituirlo come raìs).
IL CANDIDATO
Il tutto, in una situazione di estrema debolezza politica e di strategia da parte delle forze di opposizione, ad eccezione dei Fratelli Musulmani (che infatti hanno ritirato il loro appoggio alla piazza) e cercano uno sbocco politico. Simbolo plastico di questa debolezzaè Mohammed el Baradei, che divenne presidente dell’Aiea dopo un’oscura carriera come diplomatico, che si prodigò per anni per negare che l’Iran stesse costruendo la bomba atomica, mentendo spudoratamente - come ha rivelato in questi giorni il suo successore - che per questo scempio ha ottenuto un Nobel per la Pace in spregio a George W. Bush che sosteneva che gli ayatollah stavano per costruire la Bomba, chenon hanessuna basesociale di consenso in Egitto, ma che ora si candida alle presidenziali. Ieri, questo cinico «signor nessuno», esperto in sgomitamenti, ha denunciato su Twitter: «È in corso un massacro: gas lacrimogeni con agenti nervini e munizioni sono stati utilizzati contro i civili a piazza Tahrir». Vero e falso. Vero il massacro, veri i gas lacrimogeni, assurda la panzana sul gas nervino (letale) che però indica a chiare lettere che la trattativa che el Baradei pare avesse avviato con Tantawi per diventare premier e gestire l’emergenza è fallita e quindi lui si vendica in questo modo, con questa denuncia palesemente e volutamente esagerata, quasi demenziale. Detto questo, in piazza Tharir è veramente in corso un massacro voluto, regolato e gestito con cinismo dalla Giunta militare che per di più non manda avanti l’esercito, ma la polizia, sì da mantenere illibata in pubblico la propria sporchissima coscienza. Un quadro tanto grave da spingere al Tayeb, grande Imam di al Azhar ad ammonire: «La polizia deve smettere di sparare sul petto degli egiziani; le due parti devono cessare le violenze».
ASSALTO AL MINISTERO
Ma così non è stato: ieri pomeriggio le forze di polizia, dopo molte e feroci cariche, hanno improvvisamente abbandonato piazza, accolte dalle grida di gioia dei manifestanti, alcuni dei quali si sono precipitato a stringere la mano ai poliziotti: «Viva la rivoluzione», «Abbasso il ministero dell’Interno», «Il popolo vuole la caduta del maresciallo Tantawi». Naturalmente, e per l’ennesima volta, questa ritirata della polizia non preludeva affatto a una pacificazione della piazza, ma era stata orchestrata apposta per permettere ai manifestanti di tentare di dirigersi, come fanno da giorni, verso la sede del Ministero degli Interni passando per la via Mohamed Mahmoud, lì sono stati caricati e tutto è ricominciato. Scene simili di guerriglia urbana volutamente prolungata daunapolizia chenonfa l’unica cosa da fare, cariche prolungate e definitive sìda sgomberare definitivamente piazza Tharir continuano non sono solo nella capitale, ma ancheadAlessandria, dove un manifestante uomo è stato ucciso negli e una trentina di persone sono rimaste ferite, così come a Suez, Port Said, Ismailia e Assuan.
La STAMPA - Andrea Nativi : " Assurdo, sarebbero morti in migliaia "

Mohamed El Baradei      Andrea Nativi

«Fossero stati veramente gas nervini, avremmo visto cataste di morti. Non è neppure immaginabile l’uso di armi chimiche di distruzione di massa in un luogo simile, chiuso, con migliaia di persone assembrate». Andrea Nativi, direttore della Rivista italiana di difesa , classifica come «assurde» le affermazioni sull’uso di armi proibite contro la folla al Cairo. Anche se le immagini dei video diffusi in Rete impressionano, con la gente che vomita, trema, cade per terra.

Come se lo spiega?

«Chi ha sperimentano i normali gas lacrimogeni, o nelle manifestazioni e nell’addestramento militare, non si stupisce più di tanto. Nei corpi speciali, per esempio, è normale nelle esercitazioni essere sottoposti al Cs, il più comune dei lacrimogeni, con e senza maschera antigas. E, le assicuro, specialmente al chiuso non è piacevole. Gli effetti, poi, possono essere amplificati dalla reazione soggettiva, dallo stato di salute di chi è colpito».

Che cosa usano le forze di sicurezza?

«Il gas più usato è appunto il Cs, in linguaggio scientifico l’orto-clorobenziliden-malononitrile. Il principio diventa attivo al contatto con l’umidità o la pelle. Colpisce polmoni, occhi, vie respiratorie. A seconda dei dosaggi causa lacrimazione, vomito, tosse. Al chiuso, in situazioni estreme, può avere effetti letali, come ha dimostrato uno studio americano di una decina di anni fa. Insomma, non è una passeggiata per i dimostranti, specie se sono bombardati come si vede al Cairo».

Ma possono esserci altre armi «proibite»?

«Mi sembra che le forze di sicurezza egiziane stiano usando il tipico armamentario anti-riots, antisommossa. Bombe assordanti, flash bomb, che accecano. L’unico dubbio è che possano aver usato vecchi gas lacrimogeni, più potenti, come il Cr».

Non tutti gli Stati, comunque, hanno rinunciato alle armi chimiche...

«Certo, compresi Usa e Russia. Si tratta per lo più di iprite, o gas mostarda come lo chiamano gli anglosassoni, perché ha un forte odore di mostarda. Poi c’è il sarin, che agisce sul sistema nervoso. I libici, per esempio, hanno ammesso di averlo prodotto negli Anni 90. In ogni caso, usarlo in una piazza con un milione di persone non è semplice. Bisogna spargerlo, senza ammazzare se stessi. E, ripeto, l’effetto sarebbe quello di un campo di grano mietuto. Una strage colossale, nel giro di pochi minuti. Mi sembra strano che uno come El Baradei possa aver evocato un simile scenario».

Perché?

«Beh, non è solo un politico. È stato all’Aiea. Dovrebbe sapere di che cosa parla. Si riferiva all’iprite, al sarin? Avrebbero avuto effetti ben più devastanti. Evocare certe cose è da irresponsabili».

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