guerra all'italico declino

FEDERALISMO; necessità italica di DITTATURA CORRETTIVA a tempo determinato per eliminazione corruzione, storture e mafie; GIUSTIZIA punitiva e certezza della pena; LIBERISMO nel mercato; RICERCA/SVILUPPO INNOVAZIONE contro la inutile stabilità che è solo immobilismo; MERCATO DEL LAVORO LIBERO e basato su Meritocrazia e Produttività; Difesa dei Valori di LIBERTA', ANTIDOGMATISMO, LAICITA' ;ISRAELE nella UE come primo baluardo di LIBERTA'dalle invasioni. CULTURA ED ARTE come stimolo di creatività e idee; ITALIAN FACTOR per fare dell'ITALIA un BRAND favolosamente vincente. RISPETTO DELLE REGOLE E SENSO CIVICO DA INSEGNARE ED IMPORRE

sabato 12 novembre 2011

Oro alla patria? no grazie, ecco perché

Ma è davvero appropriato e giusto, chiedere che gli italiani mostrino il loro patriottismo correndo a sottoscrivere titoli del debito pubblico? L’appello lanciato da Giuliano Melani sul Corriere della sera ha fatto proseliti. E’ piaciuto alle grandi banche italiane, che hanno annunciato che rinunceranno alle commissioni sui titoli in occasione di un vero e proprio BTp Day. E’ è stata rilanciata da organi di stampa nel Nordest e molti presidenti di Unioni territoriali di Confindustria del Veneto hanno sottoscritto, tra il plauso di esponenti politici. Mi rendo conto che è assai scivoloso, rompere il coro pressoché unanime di consensi che si è levato in favore dell’iniziativa. Eppure penso sia giusto farlo.
Non per avanzare dubbi sul sincero desiderio dei suoi propugnatori, convinti di dimostrare così che l’Italia ha in sé forza e risorse per reggere alla crisi. Argomento anch’esso più che fondato, visto che l’Italia non è la Grecia e non rappresenta poco più del 2% del Pil dell’euroarea ma oltre il 13% (ma ha il 24% del debito pubblico), è il secondo Paese per valore aggiunto manifatturiero dopo la Germania, ha un export industriale che ancora in questo 2011 cresceva a doppia cifra prima della caduta del commercio mondiale fortissima nell’ultimo trimestre, e infine è dopo l’Australia il Paese più patrimonializzato in tutta l’area Ocse grazie alle virtù di risparmio e accumulazione dei suoi cittadini, e con la ricchezza netta anche meno iniquamente distribuita. Tuttavia proprio per questo penso che abbia ragione Vincenzo Boccia, il presidente della Piccola Impresa di Confindustria, che secondo me saggiamente ha gettato acqua fredda sull’entusiasmo dell’appello “risparmi alla patria”.
Poiché per professione faccio analisi di portafoglio da cui dedurre consigli all’investimento, non me la sento di dire una cosa ai risparmiatori che chiedono consulenza, e tutt’altra come giornalista. Al risparmiatore – a prescindere se disponga di elevato reddito e stock patrimoniale oppure meno – ricordo che in ogni caso gli impieghi del risparmio devono obbedire alla regole dell’equilibrio ragionevole tra rischio assunto e rendimento ricercato. E’ un criterio che riserva una quota più elevata di risparmi al maggior rischio in cambio di più elevato rendimento solo se si dispone di un certo patrimonio, e non si hanno necessità immediate di liquidare l’investimento per necessità di cassa o per acquisti straordinari. Ma in realtà è una regola che vale sempre e per per tutti.
Francamente, adottando questa regola non si può che avvisare il risparmiatore che, sottoscrivendo oggi un titolo di debito pubblico italiano che in tre mesi ha più che raddoppiato il suo spread sul pariscadenza, egli si espone in caso di liquidazione del titolo medesimo sul mercato secondario a un elevato rischio di perdita di capitale. Poiché se lo spread e il rendimento salgono ancora come sta capitando – ed è capitato ancora ieri dopo il voto a Montecitorio e la prospettiva di aumentata instabilità proiettata nel futuro – ovviamente il prezzo di realizzo diventa più basso rispetto al valore nominale, in quanto l’ acquirente subentrante si esporrà a un rischio maggiore in presenza di interessi più elevati.
Posso capire l’interesse delle maggiori banche italiane, visto che le prime cinque secondo il recente rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia a giugno scorso avevano un’esposizione verso lo Stato italiano per 173 miliardi di euro, pari al 63% di quella complessiva verso gli Stati sovrani. Per il bizzarro accordo europeo in materia bancaria sottoscritto all’ultimo Consiglio Europeo, le banche franco-tedesche non devono rafforzare il capitale obbligatorio per i titoli illiquidi Euro3 che detengono, mentre bisogna farlo per la carta pubblica in portafoglio, valutata secondo prezzi e rischi di mercato. Il che è come dire che le banche italiane vengono disincentivate a detenere titoli pubblici italiani, proprio mentre invece la Bce li acquista per sostenerli, a meno di aumentare le riserve di capitale tagliando gli impieghi a famiglie e imprese.
Capisco dunque l’interesse delle banche a vendere al pubblico i titoli di Stato detenuti. Ma la corsa di massa all’acquisto di BTp e BOT otterrebbe l’effetto voluto – abbattere gli spread e diminuire dunque gli oneri per lo Stato e il suo rischio di insolvenza – solo nel caso in cui gli italiani acquistassero pressoché integralmente quel 42% di titoli pubblici che oggi sono detenuti da non residenti, una percentuale già bassa e dunque di maggior tutela rispetto alla media del 52% dell’euroarea. Ripeto: mettersi al sicuro significherebbe dover eguagliare il Giappone, che è al riparo dalla speculazione pur con un debito pubblico doppio del nostro perché esso è pressochè per intero nelle mani di imprese, banche e risparmiatori giapponesi. Dopodiché, anche quella giapponese è una sicurezza illusoria, perché da questo dipende che da vent’anni la loro crescita sia azzerata peggio della nostra.
Aggiungo che se dovessimo pensare a 30 o 40 punti di Pil di risparmio italiano investito in BOT e Btp, inutile illudersi: sarebbero risorse sottratte alle banche e a impieghi produttivi, mica ricavate da massicce dismissioni di patrimonio immobiliare. Risorse ulteriormente levate a generare investimenti e consumi. Con effetti depressivi.
Un ultimo argomento. Capisco il patriottismo, ma lavoratori e imprenditori, contribuenti e risparmiatori italiani già pagano amaramente il costo delle riforme rinviate e delle domande europee e mondiali eluse dalla politica nostrana, per far crescere di più il Paese, abbattere il debito pubblico attraverso massicce dismissioni di immobili di Stato, abbassare spesa e tasse per esempio azzerando le pensioni di anzianità. Il costo è elevatissimo. Serve un governo di patrioti che stoppi la dissipazione di risorse e di credibilità. Forse ci si arriva prima se gli italiani protestano per i danni subiti, non se mettono essi per primi mano a un portafoglio già di tanto alleggerito.

FONTE: http://www.chicago-blog.it/2011/11/08/oro-alla-patria-no-grazie-ecco-perche/


Nessun commento:

Posta un commento

GUERRA! Channel