guerra all'italico declino

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mercoledì 14 dicembre 2011

DECAPITIAMOLI -3-

Maximilien Robespierre

M.Robespierre,Sui principi di morale e politica che devono guidare la Convenzione nazionale nell'amministrazione interna della Repubblica, 17 piovoso Anno II (5 febbraio 1794) in U. Cerroni (a c. di), La rivoluzione giacobina, trad.it. di F. Fabbrini, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 166-168.

La grande purezza dei fondamenti della rivoluzione francese, la sublimità stessa del suo oggetto, è precisamente ciò che ha fatto la nostra forza e la nostra debolezza. La nostra forza, perché ci dà la superiorità della verità sopra l'impostura e dei diritti dell'interesse pubblico sopra quelli degli interessi particolari. La nostra debolezza perché allea contro di noi gli uomini viziosi, tutti coloro che meditavano nel loro cuore di spogliare il popolo e tutti quelli che vorrebbero averlo potuto spogliare impunemente; sia quelli che hanno respinto la libertà come una calamità personale, sia quelli che hanno abbracciato la rivoluzione come un mestiere e la Repubblica come una preda. Da qui la defezione di tante persone ambiziose o avide, le quali, dopo la partenza ci hanno abbandonato lungo il cammino, per il motivo che non avevano iniziato il viaggio con il nostro medesimo scopo. Si direbbe quasi che i due geni contrari, che abbiamo rappresentato come disputantisi il dominio della natura, combattano in questa grande epoca della storia umana per fissare definitivamente i destini del mondo, e che proprio la Francia sia il teatro di questa terribile lotta. Al di fuori tutti i tiranni vi circondano, all'interno tutti gli amici della tirannia cospirano: cospirano finché al crimine non sia tolta perfino la speranza. Bisogna soffocare i nemici interni ed esterni della Repubblica, oppure perire con essa. Ora, in questa situazione, la massima principale della vostra politica dev'essere quella di guidare il popolo con la ragione, e i nemici del popolo con il Terrore. Se la forza del governo popolare in tempo di pace è la virtù, la forza del governo popolare in tempo di rivoluzione è a un tempo la virtù e il Terrore. La virtù, senza la quale il Terrore è cosa funesta; il Terrore, senza il quale la virtù è impotente. Il Terrore non è altro che la giustizia pronta, severa, inflessibile. Esso è dunque una emanazione della virtù. È molto meno un principio contingente, che non una conseguenza del principio generale della democrazia applicata ai bisogni più pressanti della patria. Si è detto da alcuni che il Terrore era la forza del governo dispotico. Il vostro Terrore rassomiglia dunque al dispotismo? Sì, ma come la spada che brilla nelle mani degli eroi della libertà assomiglia a quella della quale sono armati gli sgherri della tirannia. Che il despota governi pure con il Terrore i suoi sudditi abbrutiti. Egli ha ragione, come despota. Domate pure con il Terrore i nemici della libertà: e anche voi avrete ragione, come fondatori della Repubblica. Il governo della rivoluzione è il dispotismo della libertà contro la tirannia. La forza non è dunque fatta che per proteggere il crimine? E non è forse per colpire le teste orgogliose che il fulmine è destinato? La natura impone a ogni essere fisico o morale la legge di provvedere alla propria conservazione. Il crimine uccide l'innocenza per regnare, e l'innocenza si dibatte con tutte le forze nelle mani del crimine. Che la tirannia regni un giorno soltanto e l'indomani non resterà più un solo patriota. Ma fino a quando il furore dei despoti sarà chiamato giustizia, e la giustizia del popolo barbarie o ribellione? Come si è teneri verso gli oppressori e inesorabili verso gli oppressi! Nulla di più naturale: chiunque non odia il crimine non può amare la virtù. Tuttavia, occorre che l'uno o l'altra soccomba. «Indulgenza verso i realisti» gridano certuni. «Grazia per gli scellerati!» No: grazia per l'innocenza, grazia per i deboli, grazia per gli infelici, grazia per l'umanità! La protezione sociale è dovuta solo ai cittadini pacifici e nella Repubblica non vi sono altri cittadini se non i repubblicani. I realisti, i cospiratori, non sono che stranieri, per essa, o piuttosto dei nemici. Questa guerra terribile che la libertà sta sostenendo contro la tirannia non è forse indivisibile? I nemici dell'interno non sono forse alleati con i nemici dell'estero? E gli assassini che lacerano la patria all'interno, gli intriganti che comprano le coscienze dei mandatari del popolo, i traditori che le vendono, i libellisti mercenari che sono assoldati per disonorare la causa del popolo, per far morire la virtù pubblica, per attizzare il fuoco delle discordie civili e per preparare la controrivoluzione politica per mezzo della controrivoluzione morale: tutti questi individui sono forse meno colpevoli o meno pericolosi dei tiranni di cui stanno al servizio?

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