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venerdì 2 dicembre 2011

IL DON VERZE'..UN VERO DON

| 2 dicembre 2011
    Ordina: <Bruciate!> e il picciotto va e appicca il fuoco. Don Luigi Verzé è il primo prete capomafia della storia d’Italia e il silenzio del Vaticano  o è  rassegnato o è omertoso, decidete voi. Ma per noi siciliani  è un sollievo che almeno sia padano questo ‘don’ che è due volte ‘don’, per il turibolo e per la coppola storta. Attenzione: non un prete mafioso, non un prete al servizio della mafia, che ce ne sono stati tanti, ma un boss che amministra i sacramenti,  un don Calogero Vizzini con il crocifisso portato – fateci caso – all’occhiello, lì dove si mettono gli stemmi dei Lyons e del Rotary, e i massoni vi appuntano il ramo d’acacia e i gagà la mitica pansé.
     Anche don Calogero non pagava mai con le mazzette tipiche della corruzione diciamo così normale, ma con bigliettoni ‘impilati’. <Le buste di don Verzé – raccontano i testimoni oculari – erano alte  tre o quattro centimetri  con biglietti da 500 euro>. Don Calogero Vizzini le chiamava appunto ‘pile’. E don Verzé non comunica con i pizzini come i più rozzi tra i corleonesi,  ma si attiene ai classici che affidavano le sentenze ‘allo sguardo e al silenzio ’.E se proprio deve farsi intendere  don Verzé <manda l’autista – tutte le citazioni sono prese dai verbali  – anche all’estero>. Trasmette gli ordini <attraverso messaggeri umani>. Il pizzino infatti è mafia stravagante, deviazione sbruffona, <niente di scritto e niente al telefono> raccomanda  Marlon Brando Vito Corleone: <La polizia  registra, poi taglia e cuce le parole per farvi dire quello che vuole>.
      Il codice di don Verzé  non è quello classico del danaro cattolico, neppure nella variante diabolica della simonia. Don Verzé non è uno di quei generosi mostri italiani che hanno messo insieme mammona e il Padreterno, come direbbero gli evangelisti Matteo e Luca, l’ingordigia e la bontà. E’ invece un don Luciano Liggio per la gloria di Dio. Anche  don Luciano bruciava una campagna e poi si presentava al proprietario: <Non rende, vendetemela>. Sono gli stessi metodi criminali di don Verzé che  aveva deciso di comprare i terreni confinanti con il suo ospedale, ma il proprietario non voleva vendere perché vi aveva costruito campi da tennis, da calcio e da calcetto, spogliatoi e bar… Ebbene nel 2005 e nel 2006 quegli impianti subirono  due incendi dolosi. Poi don Verzé convocò Pollari, capo del Sismi e gli disse: <Mandaci la Finanza>.
     In quel periodo il prete fondatore dell’ospedale San Raffaele pubblicava con Bompiani ‘Io e Cristo’ per spiegare come la <la Fede si fa opera>. E infatti la Finanza andò, controllò e multò. Ma il proprietario resisteva  . E allora <sabotate> ordinò letteralmente don Verzé  prendendosi  una pausa dalla pia esegesi neotestamentaria  (pag. 123 sgg) del famoso <verbum caro factum est>, il verbo si è fatto carne. E specificò: < Sabotate, ma state attenti all’asilo e ai cavalli che sono nostri>. Il picciotto, che stavolta è un ingegnere, lo rassicura: <Sarà sabotato il quadro elettrico, quindi i campi non potranno essere illuminati e quando gli ‘amici’ andranno a fargli la proposta di acquisto, lui sarà in ginocchio…>. ‘Gli amici’, ‘in ginocchio’…: il linguaggio cristologico qui diventa cosco- massonico. Qualche giorno dopo ‘l’ingegnere’, che sembra il personaggio misterioso dei romanzi di Le Carrè, titolo nobile e funzione ignobile, spiega a un Don Verzé in partenza : <Quando lei sarà in Brasile ci sarà del fuoco>.  Come si vede, è un dialogo in argot, allusivo al crimine e alla mafia. E infatti don Verzé indossa  i gessati dei mafiosi  di una volta, ha la faccia  anonima dei veri malacarne, con  il cappello che richiama la coppola ma la nega, e forse perché un prete capomafia poteva nascere solo nel Lombardo Veneto, nella terra dei ‘buli’ e dei ‘bravi’, la terra sì del cardinale Borromeo e di Manzoni ma anche della Colonna  Infame, dell’investimento economico come pietas, delle opere benedette da don Giussani, del capitalismo dell’Opus dei.’ E infatti il titolo del dialogo tra Carlo Maria Martini e don Verzé è ‘Siamo tutti nella stessa barca’ (non banca): < Eminenza, posso chiamarla eminente padre?> . E il cardinale: <Chiamami padre Carlo Maria Martini>. Don Verzé recita  la parte del piccolo uomo davanti al santo: < amore, verità, libertà di scelta>.  E’ un libro tutto compunzione e incenso. Il cardinale lo loda e lo legittima: <nessuno meglio di lei…>,< capisco la sua posizione, don Luigi>, <comprendo i suoi sentimenti>, <trovo bella questa sua espressione>.   A quel tempo don Verzé è già chiacchierato ma molto potente, nessuno immagina che organizza attentati e distribuisce mazzette e che i suoi ospedali sono fondati su una corruzione enorme, ma certo i suoi lussi sono già evidenti, le sue spese folli non passano  inosservate,   i suoi uomini gestiscono misteriose società in mezzo mondo, dal Sudamerica alla Svizzera, hanno conti correnti i dappertutto, e don Verzé ha comprato un aereo e ne prenota un altro e tratta una intera flotta perché non vuole perdere tempo negli aeroporti, e tutti sanno che l’aereo è l’arma principe dei malavitosi e dei guerrieri.
   Inoltre don Verzé  non parla come un Marcinkus alle prese con la volatilità della finanza ma come un capobastone, un campiere  che controlla il territorio: <la Moratti, l’ho convinta io a fare il sindaco>, <il cardinale Tettamanzi l’ho fatto venire io a Milano>  e Formigoni, che il faccendiere di don Verzé  ospita nel suo yacht, è sotto controllo perché <l’abbiamo salvato noi>. E Berlusconi  <dono di Dio> è  <legatissimo alla famiglia>, anche se, <ha fatto qualche giro di valzer>. Ecco: Dio non s i cura del sesso  quando si fanno affari. Perché appunto il verbo si è fatto carne.
     Ma non bisogna credere che don Verzé sia un ateo mascherato e che tutto quei suoi libri di dottrina siano solo copertura. E’ al contrario un devoto in missione mafiosa per conto di Dio perché le vie della provvidenza sono infinite e se c’è la necessità di un attentato, beh, Dio non è certo un moralista. Don Verzé è come quei preti medievali che, convinti di essere illuminati dalla grazia , commettevano in nome di Dio ogni nefandezza, vivevano a statuto speciale, in sospensione dei peccati,  in deroga.
     Del resto don Verzé non ha sedotto solo il cardinale Martini e tutta la credula Milano cattolica. Come ogni rispettabile padrino aveva bisogno della copertura laica e dunque l’ ha ingaggiata. Massimo Cacciari ed Ernesto Galli della Loggia sono due intelligenze di prima grandezza nella cultura italiana, di quelli che  braccano e scovano e mettono alla gogna i vizi del paese, uno come grande vedetta lombarda e l’altro come doge dei mari del sapere, callido Ulisse  di Venezia: <mio carissimo amico dell’anima>dice don Verzé. Eppure anche  loro sono stati impaniati, sono caduti nella panie dell’imprenditore in Cristo, del Christusunternehmer, avrebbe detto Cacciari se non fosse stato  professore e rettore  della sua università. Anche il facondo Vendola, quello che scioglie in bocca le parole come caramelle ideologiche, non ha mai avvertito  nel comparaggio per l’ ospedale a Taranto il sentore dell’imbroglione in Cristo, e gli ha invece fornito la legittimazione della sua pregiata griffe di sinistra.
   Vaticano, cultura laica e sinistra comunista: nessun mafioso siciliano era riuscito a superare tutti questi livelli. Con don Verzé siamo ben oltre i colletti bianchi. E certo la Chiesa se fosse coerente dovrebbe scomunicarlo come scomunicò quei quattro frati di Mazzarino che, unico caso nella storia della mafia, taglieggiavano i contadini, facevano caporalato, decidevano vita e morte, controllavano il territorio: trasformarono il loro convento in un covo di prepotenza. E quando, era il 1960, furono processati, turbarono gli animi degli italiani al punto che gli stessi giudici ebbero soggezione e si  misero a somministrare gli ergastoli  come fossero sacramenti. Ma la Chiesa  –pensate, la Chiesa complice di allora -  non ebbe pietà per quei sai sporcati e per quella mania di  fra bruciare  i terreni,  proprio come ha fatto don Verzé, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.

 FONTE:http://www.francescomerlo.it/

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