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venerdì 27 gennaio 2012

Domani con 1 euro...


Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/01/2012, a pag. 46, l'articolo di Paolo Mereghetti dal titolo "La perdita dell'innocenza di un bambino e dell'Europa".

Louis Malle, Arrivederci ragazzi, domani in edicola con il Corriere della Sera al prezzo di 1€

«Julien Quentin sono io e Arrivederci ragazzi è la mia storia». Louis Malle, il regista francese che nel 1987 vinse il Leone d'oro a Venezia con il film che sabato i lettori del «Corriere» potranno comprare al prezzo di un solo euro (oltre a quello del giornale), non ha mai nascosto che tra tutti i titoli di una lunga e fortunata carriera, questo è quello che lo tocca più da vicino. Perché la storia al centro del film (la persecuzione contro gli ebrei, che arriva anche in un collegio francese, nel 1944) lo ha visto come protagonista quando lui stesso, dodicenne, era stato messo dai genitori in un collegio nelle vicinanze di Parigi per allontanarlo dagli orrori della guerra.
«Quell'episodio mi aveva traumatizzato — ha raccontato il regista al critico Philip French nel volume Il mio cinema (in italiano si può leggere tradotto da Le Mani) — ed ebbe un'enorme influenza sulla mia vita». L'episodio si riferisce alla retata che la Gestapo face nel collegio cattolico, retto da frati carmelitani, dove studiava il piccolo Malle con il fratello maggiore, per arrestare tre studenti ebrei che vi erano ospitati sotto falso nome. Una scoperta, fatta in seguito a una delazione, che costò la libertà (e più tardi la vita) anche al rettore, arrestato e deportato insieme ai tre ragazzi.
«Quello che è successo nel gennaio 1944 ha avuto un'importanza enorme nella mia decisione di diventare regista — ha spiegato Malle —. È difficile da spiegare, ma fu un trauma tale che mi ci vollero molti anni per superarlo, per cercare di capire, quando, ovviamente, ero così giovane da non poter capire. Quello che era accaduto era così terribile e talmente in contraddizione con i valori che ci venivano insegnati, che giunsi alla conclusione che ci fosse qualcosa di sbagliato nel mondo, e cominciai a ribellarmi. Credo che questo avvenimento suscitò in me un profondo interesse per ciò che accedeva al di fuori dell'ambiente estremamente privilegiato in cui ero cresciuto».
Un «trauma» — è giusto ricordarlo — che è alla base della sceneggiatura e a cui il film fa partecipare anche i suoi spettatori, spingendoli a riflettere sul significato di certe azioni, sulle conseguenze di certe affermazioni e scelte. Esattamente come fa con il piccolo Julien Quentin, il cui mondo adolescenziale entra definitivamente in crisi quando deve fare i conti con la realtà e la sua violenza.
Avesse voluto fare un film più platealmente emotivo (e ricattatorio), Malle avrebbe potuto scegliere il giovane Jean Bonnet come protagonista: era lui uno dei tre ragazzi ebrei ospitati in collegio, era lui che non vedeva il padre da anni e la madre da mesi, era lui l'«oggetto misterioso» che arriva in collegio a gennaio a rompere il tran tran scolastico e a scatenare la curiosità non sempre innocente degli altri ragazzi. Aveva tutti gli elementi per diventare l'agnello sacrificale. E invece Malle ribalta la posizione, si mette in gioco direttamente (nella scena finale, è il regista in prima persona che dà voce ai ricordi di Julien che svelano la fine fatta dai ragazzi e dal rettore: si può ascoltare nel dvd scegliendo la lingua originale con sottotitoli in italiano. Ne vale la pena) e racconta quell'episodio dal punto di vista di chi avrebbe potuto, «pilatescamente», lavarsene le mani.
Il film diventa così un viaggio di iniziazione, non tanto verso l'età adulta quanto verso la presa di coscienza che il male è di questo mondo e che ci tocca tutti. Non possiamo chiamarci fuori. Per questo all'inizio il film sembra renitente nell'affrontare il tema centrale, quello dell'odio antisemita. All'inizio del film, il regista è interessato soprattutto a farci conoscere Julien: il suo controverso rapporto con la madre, poi l'amicizia con Joseph, lo sguattero di cucina, e i loro piccoli commerci di «mercato nero», e ancora l'amore per la lettura, l'impegno nello studio ma anche le gelosie e le inimicizie tra compagni. L'arrivo di Jean Bonnet cambia l'equilibrio delle cose: il nuovo studente si dimostra abile e preparato, anche lui condivide la passione per la lettura (la comune scoperta del fascino delle Mille e una notte, letto di notte al lume di una pila, è uno dei momenti alti del film), ha le stesse paure e apprensioni (come si rivela nella scena della caccia al tesoro tra i boschi). Ma soprattutto perché certe reticenze e certi comportamenti accendono negli altri studenti, e specialmente in Julien, il sospetto che si tratti di un ebreo.
Da questo momento la curiosità adolescenziale prende il sopravvento. Il legame tra i due ragazzi diventa ogni giorno più stretto, come nelle bellissime scene intorno al pianoforte, dove Jean insegna all'amico a suonare il boogie woogie, oppure nelle risate condivise di fronte alle disavventure di Charlot emigrante, proiettato in collegio. Un legame che accende in Julien mille domande su cosa voglia dire «essere ebrei» e che Malle usa per rivelarci i diversi atteggiamenti che la società francese aveva in quegli anni. Di disprezzo, di razzismo dichiarato, ma anche di paternalistica supponenza. O di condivisione e complice aiuto.
Alla fine un piccolo atto di rigidità morale (l'allontanamento dello sguattero perché accusato di furto) fa precipitare la situazione. Lui si vendica facendo la spia, i comportamenti delle persone del collegio non sono tutti limpidissimi, persino Julien si sente «colpevole» per uno sguardo di troppo, ma è soprattutto l'addio finale, quello che spiega il titolo del film («Arrivederci, ragazzi» dice il rettore ai suoi ex alunni mentre i soldati lo portano via), a far capire allo spettatore la tragedia che si sta compiendo. Nell'animo di Julien e nel cuore dell'Europa.

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