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mercoledì 19 ottobre 2011

LA STORIA

Arad, l'ultimo figlio di Israele

Con Gilad Tel Aviv sana la ferita del militare mai recuperato.
di Gea Scancarello

Uno per mille: Gilad Shalit, il soldato israeliano mai cresciuto, esile come il filo di speranza che lo ha tenuto in vita durante 2 mila giorni di prigionia nelle mani di Hamas, è stato liberato in cambio di 1.027 palestinesi.
Il valore delle singole esistenze, nel Medio Oriente eternamente ferito, è presto calcolato: cinismo della matematica. E, soprattutto, lezioni del passato.
LA FERITA DI RON. A camminare malfermo sulle gambe troppo secche, pallido come un adolescente che non ha avuto il tempo di diventare adulto, non c’era solo Gilad, la mattina del 18 ottobre. Invisibile agli occhi ma greve nei cuori, al suo fianco si muoveva il fantasma di Ron Arad: l’unico militare catturato dai nemici che Israele non sia riuscito a riportare a casa, nemmeno in una bara.
Per riscattare quella perdita, da un quarto di secolo, a Gerusalemme esiste una sola legge: nessun ragazzo viene lasciato indietro. Anche a costo di trattare. Anche a costo di liberare centinaia di potenziali kamikaze.

Arad, catturato nel 1986 e dichiarato morto nel 2009

La storia, d’altronde, non perdona. E quella dell’aviere Arad è scritta nelle uniche due foto rimaste a onorarne la memoria.
Nella prima ha il viso un po’ cupo di un ragazzo che sta per partire per il fronte e una bimba poco più che in fasce sulle spalle. Nella seconda, un anno dopo, le guance scavate sono riempite da una barba folta e incolta. Ma gli occhi - quelli sì - ancora cercano la vita. Invano.
LA CATTURA NEL SUD DEL LIBANO. Dopo la caduta nelle mani della milizia sciita Amal nel 1986, durante una missione nel sud del Libano, l’esistenza dell’aviere Ron Arad è stata risucchiata in un buco nero. Di lui non si è mai saputo nulla: fu, probabilmente, prima incarcerato a Beirut; poi, forse, venduto agli iraniani.
Gli israeliani non riuscirono a riprenderselo con la forza; Mossad, Nazioni Unite, servizi tedeschi e russi fallirono le trattative diplomatiche. Localizzarlo era impossibile. Cedere alle richieste degli sciiti, allora, anche.
NEMMENO IL CORPO. Per 25 anni le voci si sono rincorse senza sosta: i miliziani ne annunciarono la morte per la prima volta nel 1992, nel 1997 Israele lo cercava a Teheran, nel 2003 Hezbollah, il partito di Dio, giurava di sapere dove si trovasse e fornì quell’unica foto di 15 anni prima come prova.
Inganni, giochi di potere o tentativi maldestri di non perdere la speranza, chissà. Il verdetto è stato pronunciato solo nel 2009 da Gerhard Konrad, il mediatore tedesco che per due decenni aveva cercato almeno di recuperare il corpo del ragazzo. Scrisse, l’uomo, mettendo fine all’agonia, che Ron era certamente morto, probabilmente nel 1988, durante un tentativo di fuga. E che bisognava smettere di aspettarlo.

In 25 anni 7 mila arabi scarcerati per riparare all'errore

L’ossessione collettiva di un Paese che non poteva accettare la perdita né la sconfitta, 20 anni dopo si era reincarnata in Gilad Shalit.
I destini dei due giovani si erano intrecciati in uno spaventoso incubo di massa, che accompagnava i ragazzi in missione e trascinava i genitori in piazza a chiedere la fine del servizio militare obbligatorio di tre anni.
Per liberarsene, e riparare il primordiale errore fatto con Arad, in 25 anni Gerusalemme ha accettato di scarcerare 7 mila detenuti arabi, in cambio di soli 19 israeliani, di cui due privi di vita. Ma solo la liberazione di Shalit ha messo fino agli incubi.
IL DEBITO SANATO. «Ho pensato a Ron Arad incessantemente nei cinque anni del rapimento di Gilad Shalit», ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in una delle sue ammissioni più sincere di sempre, dopo averlo abbracciato con trionfante soddisfazione.
Il sollievo era autentico. «Israele non abbandona i suoi soldati e cittadini», è stato il mantra di Bibi mese dopo mese, mentre cercava di trovare il bandolo della matassa e di onorare le promesse. Poco distante dal suo ufficio,  i genitori di Shalit, catturato a 20 anni e per cinque confinato in un bunker nella Striscia di Gaza, sventolavano la foto del figlio a fianco di quella di Ron, con la pioggia e con il sole, in tempo di guerra e in quello di pace.
Con gli ultimi 1.000 palestinesi liberati in cambio di Gilad, Israele ha infine pagato il proprio debito ad Arad. E oggi persino le divisioni politiche e il nemico al di là del muro contano poco. Sanare una ferita vecchia di un quarto di secolo era la priorità. A tutto il resto si penserà domani.

FONTE:http://www.lettera43.it/attualita/28919/arad-l-ultimo-figlio-di-israele.htm

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