guerra all'italico declino

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mercoledì 19 ottobre 2011

Solo chi conosce come è nato Israele può capire..

Roma. Israele ha amnistiato un totale di 924 ergastoli per avere indietro il soldato Gilad Shalit. Fra i nomi della lista dei 477 detenuti palestinesi che Gerusalemme s’appresta a scarcerare ci sono guerriglieri invecchiati come Nail Barghouti, in carcere da trent’anni, o Abed al Hadi Ganaim, che nel 1989 scaraventò un autobus israeliano da un dirupo, uccidendo sedici persone. Svettano le menti di alcuni degli attentati più sanguinosi: Walid Anajas uccise una dozzina di israeliani al Moment Café di Gerusalemme; Abdul al Aziz Salaha fece a pezzi due riservisti israeliani a Ramallah (sue le mani sporche di sangue mostrate da una finestra ai fotografi); Nasser Yataima è autore dell’eccidio di trenta sopravvissuti all’Olocausto al Park Hotel di Netanya; Musab Hashlemon ha sedici ergastoli per aver spedito kamikaze a Beersheba; Ibrahim Jundiya ha firmato attacchi a Gerusalemme; Fadi Muhammad al Jabaa ha diretto la strage in un autobus di Haifa; Husam Badran ha ucciso venti ragazzini russi al Dolphinarium di Tel Aviv e quattordici persone al ristorante Matza. Poi ci sono i fondatori dell’ala militare di Hamas (Zaher Jabarin e Yihya Sanawar), i cecchini che hanno sparato ad automobili, uccidendo famiglie con bambini, e i “pugnalatori” che hanno ucciso a mani nude. Ma le storie più agghiaccianti sono quelle delle ventisette donne. Le “mantidi palestinesi”, madri di famiglia, ragazze col sorriso e laureate fanatiche che hanno scontato la pena all’Hasharon, il carcere di massima sicurezza detto “la tomba vivente”. Sulla stampa israeliana sono note come “le messaggere della morte”. Alcune indossano abiti lunghi e maniche chiuse al polso, come prevede l’islam. Altre, specie le militanti di Fatah, vestono all’occidentale. In arabo è la “istishhadiyah”, la versione femminile del martirio. Il giornale egiziano al Ahram evoca la “Giovanna d’Arco palestinese”. Lo Shin Bet, il servizio segreto interno d’Israele, ha scoperto che il 33 per cento di loro è laureato e il 39 diplomato con ottimi voti. Le chiamano “spose della Palestina” e “più pure delle api”. Il giornale egiziano al Akhbar loda così le donne terroriste rilasciate da Israele: “Hanno strappato via la classificazione di genere dai loro certificati di nascita”. Ahlam Tamimi faceva la giornalista a Ramallah. Prima ha fallito nel cercare di piazzare un ordigno in un supermercato di Gerusalemme. Poi ha avuto successo trasportando la bomba e il kamikaze che alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme ha ucciso quindici persone. Usava le proprie credenziali giornalistiche per superare i controlli più stretti. “Non mi pento di quel che ho fatto, anzi lo rifarei”, ha detto Tamimi in una rara intervista. “Non riconosco Israele, questa è terra islamica”. Davanti a Barbara Victor, autrice del libro “Shahidas”, Tamimi ha rivendicato l’uccisione dei bambini: “Non mi pento per i bambini uccisi, dovrebbero tornare in Polonia o Russia”. Lo scorso marzo l’Autorità palestinese l’ha premiata come “eroica prigioniera”. Sarà rilasciata Kahira Saadi, madre di quattro figli, responsabile di un attentato in cui sono morti quattro israeliani, fu scelta per il suo “aspetto occidentale”. Uccise Zipi Shemesh, incinta di due gemelli, e suo marito Gad. A domanda se si sia mai pentita, Kahira ha risposto: “No, siamo in guerra”. Lasciò dei fiori al kamikaze prima di salutarlo. Esce dal carcere Wafa al Biss, voleva diventare martire fin da piccola: “Credo nella morte, volevo uccidere cinquanta ebrei perché una donna musulmana, da martire, diventa la regina delle 72 vergini”. Wafa cercò di farsi saltare in aria in un ospedale con nove chili di esplosivo fra le gambe. A domanda se fosse pronta a uccidere anche dei bambini ebrei, la donna ha risposto: “Sì, tutti, neonati e bambini”. Imam Razawi venne arrestata con quattro chili di esplosivo. Al Saadi al Qahara è madre di quattro figli e ha spedito un kamikaze in King George a Gerusalemme (tre morti). Daragmeh Ruma ha portato l’attentatrice di Afula (tre morti). Sarà liberata Mona Awana, anche lei giornalista, che con Internet ha attratto il sedicenne israeliano Ofir Rahum. Sarà spedita a Gaza, dove, si dice, Hamas è pronto a usarla come propagandista. La sua vittima, Ofir, trovò sul computer un messaggio di Mona. Senza dirlo a nessuno, Ofir si mise i vestiti migliori e prese il primo autobus. Mona lo venne a prendere a Gerusalemme. A Ramallah, dove il ragazzino neppure si accorse di essere entrato, Mona e compagni dopo averlo ucciso legarono il corpo al cofano di un’auto.
FONTE:Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Messaggere di morte "

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